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Napoli in ansia per il caso Gianello

Sono ore di ansia. A Napoli, così come a Roma. Perché i giudici della Disciplinare, guidati da Sergio Artico, hanno lavorato ieri fino a tarda notte. Senza ancora aver tirato le linee guida delle sentenze e delle relative motivazioni al filone del calcioscommesse che ora ha puntato i fari sul Napoli. Sotto il Vesuvio attendono e guardano l’orologio. Perché la sabbia nella clessidra comincia a scarseggiare, a ore i giudici troveranno la quadratura del cerchio, pur se fra mille difficoltà e mille discussioni. Le richieste di Palazzi (-1 per il club, 9 mesi a Cannavaro e Grava, 3 anni e 3 mesi per l’ex Gianello), l’iter processuale, nulla ha contribuito a sbrogliare la matassa (che non riguarda solo le sorti partenopee) in vista delle sentenze. Che sono attese forse già domani.

INCONGRUENZE – Tutto ruota (o ruotava, visto il mancato patteggiamento) attorno a Gianello. L’ingenuità su quel Samp-Napoli, la proposta quasi come una battuta sotto le docce a fine allenamento a Cannavaro (chi gli è vicino lo racconta estremamente tranquillo in queste ore) e Grava. Palazzi ha ritenuto il comportamento dell’ex portiere della cavalcata altamente positivo nella fase delle indagini. Ecco perché aveva chiesto, per lui, un anno e quattro mesi col patteggiamento. I giudici della Disciplinare (con Artico il vicario Franchini e Tobia, Perugini e Giraldi), invece, quell’accordo lo hanno idealmente stracciato, motivando il gesto con una considerazione diametralmente opposta nei confronti di Gianello: «Nessuna collaborazione» . E questo ha portato il legale del portiere, Eduardo Chiacchio, a chiedere per il suo assistito solo la violazione dell’articolo 1 (lealtà e probità sportiva) invece dell’illecito: «Se non è credibile, allora vuol dire che quello che ha detto non è vero» .
ANSIA – Le difficoltà della Disciplinare sono di improba soluzione, stavolta non basterà neanche il bilancino per armonizzare le sentenze con le richieste (in qualche caso estremamente difformi fra loro). Ecco perché i giudici di Artico hanno lavorato come matti, fino a notte inoltrata. Perché magari puoi trovare il filo in un caso ma se poi lo applichi ad uno simile e stride, allora devi ricominciare da capo. Le sentenze sono come un puzzle: i tasselli devono combaciare. A ore, l’impianto strutturale sarà cosa fatta. Allora sapremo. Cosa succederà al Napoli, al suo capitano Cannavaro e a Grava. Cosa succederà a Portogruaro e Crotone, le altre due società coinvolte. Con i calabresi che sarebbero diventati un secondo caso sul quale i giudici si sono confrontati.
CASO CROTONE – Come se non bastasse. Fra le mani della Disciplinare c’è quello che si è trasformato in un piccolo, grande caso, e che riguarda appunto il Crotone. La società calabrese è stata deferita per responsabilità presunta (la più leggera nella scala delle gravità) per la combine della partita contro il Portogruaro del 29 maggio 2011, finita 3-2 per il Crotone grazie ad un gol a tempo scaduto di Curiale. Il procuratore Palazzi ha chiesto per i calabresi meno un punto di penalizzazione, ed è quanto prevede il “tariffario” nei casi di responsabilità presunta accertata. Il problema è l’accertamento «ogni ragionevole dubbio» , come prevede l’articolo 4 comma 5 del Codice di Giustizia sportiva. Che recita: «Le società sono presunte responsabili degli illeciti sportivi commessi a loro vantaggio da persone a esse estranee. La responsabilità è esclusa quando risulti o vi sia un ragionevole dubbio che la società non abbia partecipato all’illecito o lo abbia ignorato» . E quale prova migliore, se non i deferimenti di Palazzi stesso, che il Crotone non abbia partecipato o abbia ignorato l’accordo fraudolento. Il legale rappresentante della società, ovvero Giuseppe Ursino, è stato ascoltato dalla Procura federale, senza però essere stato deferito. Il che significa che la società – se pure sapeva – non ha considerato l’accordo illecito. E’ una delle (tante) gatte da pelare. Non la sola.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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