Nello scendere dalle scalette dell’aereo da Torino ai giocatori del Napoli sarà parso non di tornare a casa, quanto di tornare alla realtà. Alle 18:00 di sabato si è chiuso il più lungo pre partita che il calcio recente ricordi. Quindici giorni fatti di parole, illazioni, polemiche sterili, rivalità vere e altre costruite ad arte. Una pressione mediatica che, nonostante le suggestioni che la partita evocava, non trovava nessuna giustificazione se non quella di fare ascolti e/o lettori.
Juventus e Napoli sono tra le principali pretendenti al titolo e, con ogni probabilità, lotteranno fino alla fine del campionato per le prime posizioni della classifica ma la sfida di Torino arrivava all’ottava giornata di campionato e questa piccola osservazione bastava forse a ridimensionare la portata della partita dello Juventus Stadium. La prova del “tanto rumore per nulla” è che oggi la Juventus è prima con tre punti di vantaggio sul Napoli e quattro su Inter e Lazio. Alla fine del campionato mancano “solo” trenta partite. Per dare un metro di paragone, nello scorso campionato prima dell’ottava giornata (la nona in calendario per il rinvio della prima giornata, nda) era prima da sola l’Udinese con 15 punti, uno in più della Lazio e due in più rispetto ai 13 della Juventus. Il Milan era quinto a 11 punti. Udinese e Lazio non sono mai stati in corsa per lo scudetto che è rimasto presto un affare esclusivo tra la Juventus e i rossoneri.
La partita di sabato metteva in palio tre punti – come la prossima col Chievo – e serviva a tastare il polso alle ambizioni del Napoli nella lotta per i primissimi posti della classifica. Le indicazioni a riguardo sono diverse e, per certi versi, contrastanti.
Nei primi minuti gli azzurri hanno sofferto il maggior possesso palla dei piemontesi ma non hanno mai dato l’impressione di essere in balìa degli avversari, tanto da rischiare solo su di un tiro di Giovinco nei primissimi minuti. L’impressione che si aveva era quella di un Napoli che giocava con maggiore fiducia e personalità rispetto al passato e senza subire la pressione di un ambiente ostile oltre ogni lecito campanilismo.
Un Napoli finalmente più maturo che piano piano ha preso in mano la partita e ha sfiorato il vantaggio con la splendida punizione di Cavani che si è stampata sulla traversa. Un copione tattico che si è protratto anche nella ripresa quando, però, gli azzurri hanno palesato la propria pecca caratteriale: la paura di provare a vincere la partita.
Accontentandosi della perfetta fase passiva preparata da Mazzarri, il Napoli ha smesso di cercare con insistenza la vittoria, le azioni d’attacco non sono state più corali ma sono state lasciate alle sole giocate dei singoli. Qui nascono i maggiori rimpianti del Napoli che accontentandosi del pareggio ha lasciato che la Juventus ritrovasse le motivazioni per provare a vincere la partita.
Una partita persa dagli azzurri per l’ennesimo errore di marcatura su di un calcio da fermo. Se si vuol puntare in alto non si può non riparare a un difetto diventato ormai patologico. Errori come quello commesso in occasione del goal di Caceres possono costare caro in partite decisive (nella famosa gara di Londra contro il Chelsea della scorsa stagione sia il goal di Terry che il rigore procuratosi da Ivanovic vennero sugli sviluppi di un calcio d’angolo, nda); per fortuna del Napoli quella di Torino non era tra queste.
A fare il paio con l’atteggiamento della squadra c’è quello di Mazzarri. L’allenatore del Napoli ha mostrato in novanta minuti tutti i suoi pregi e quei difetti che stenta a cancellare; perfetto nella preparazione della partita, carente nella sua lettura.
Il Napoli sceso in campo a Torino è parso una squadra solida e che sapeva esattamente come affrontare la manovra bianconera. La fase di interdizione degli azzurri è stata quasi perfetta con i tre della mediana e i due attaccanti pronti a tagliare le fonti di gioco avversarie. in primis Pirlo che in rarissime occasioni è stato nelle condizioni di effettuare le sue letali verticalizzazioni. Sorprende, però, che lo stesso allenatore si sia dimostrato arrendevole nell’accontentarsi del pareggio – come da lui stesso dichiarato – e poco pronto a leggere le difficoltà di Maggio contro uno straripante Asamoah e la fatica di Pandev nel secondo tempo. Tanto per essere chiari: pareggiare a Torino sarebbe stato un ottimo risultato ma ottenere un punto senza provare a vincere la partita è cosa assai diversa e tradisce un atteggiamento da provinciale.
Con la maggiore maturità e consapevolezza del proprio valore il Napoli pare aver perso, di contro, un po’ di quella di sfrontatezza che gli ha permesso di stupire in tante circostanze e che ancora oggi occorrerebbe per non perdere occasioni importanti come quella di sabato. Al Napoli farebbe bene scrollarsi di dosso le eccessive pressioni che l’ambiente e certi media sembrano volergli riservare. Il Napoli non ha come obiettivo il primo posto e non è la favorita per la conquista dello scudetto.
Compito del Napoli è quello di provare a vincere sempre e crescere in esperienza; analizzare i propri difetti ed errori senza fare drammi o montare polemiche per una sconfitta (la prima, nda) all’ottava giornata di campionato è un buon modo per incamminarsi su questa strada.Pompilio Salerno
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