Certo che è (più) facile così: quarantasettemila biglietti venduti per un’amichevole e “chissenefrega” che le previsioni del tempo inducano all’afa. La cappa del San Paolo è in quell’euforia allo stato puro che già si percepisce, la risposta (ennesima) ad una crisi di fede che in inverno è manifestata (altrove) dagli stadi sempre più vuoti e che in estate resta (pardon, sarebbe) sempre evidente, perché i soldi nella vita non saranno poi tutto ma di questi tempi servono per tentar di vivere un pochino meglio.
Napoli-Galatasaray è la rappresentazione scenica d’una passione collettiva che va al di là di qualsiasi lettura retorica, è la cartina di tornasole d’un senso d’appartenenza ribadito a più riprese in quest’ultimo decennio con primati demoliti a raffica, con il Chelsea e con il Bayern, con il Manchester City e con le supersfide sviluppatesi su un muro umano dipinto d’azzurro. Quarantasettemila paganti per lasciarsi cullare da un sogno che va accarezzato con cura, che viene alimentato abbeverandosi alla statura internazionale impressa dall’avvento di Rafa Benitez, la chiave di (s)volta per riuscire a scardinare quella porticina di provincialismo e per intrufolarsi con spregiudicatezza, attraverso la figura d’un allenatore vincente ma innanzitutto autorevole. Il mercato è pirotecnicamente scandito in una Fuorigrotta galattica, nella quale splendono gli Higuain e gli Albiol, i Callejon e però anche i Reina e i Mertens, stelle abbaglianti che hanno già convocato per domani una folla da mille e una notte e che annunciano una stagione da dover condividere tutti assieme appassionatamente. Ma siamo alla fase iniziale d’un progetto che va definito e non lasciato incompiuto e nel quale restano ancora un paio – forse tre – lacune da colmare, per avere un organico equilibrato tra prime e seconde linee e competitivo agli alti livelli cui trascina, di riflesso e verrebbe da dire di diritto, quell’onda indiscutibilmente anomala che già muove verso il San Paolo. Eppure, con rispetto parlando, è «soltanto» Napoli-Galatasaray; eppure, non ci sono punti, né scudetti o coppe in palio; eppure, tanto per gradire, c’è una città intera che si è mobilitata e che invia un messaggio dritto al cuore di chi deve governarne il destino, concedendole uno stadio degno o una società sviluppata in ogni suo substrato. Quarantasettemila, ad oggi: e magari va a finire che quando la palla sarà al centro e la testa si troverà inevitabilmente tra le nuvole, può darsi che si tocchi quota sessantamila. Questa è Napoli: nove anni fa, per la sfida con il Cittadella, la prima in serie C dopo il fallimento, furono 45.770 paganti. Ne è stata fatta di strada e ancora ne resta: ma basta ascoltare il richiamo del cuore di quella gente…
Fonte: Il Corriere dello Sport
La Redazione
M.V.
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