Lo sguardo è basso. Gli occhi sono quelli di un ragazzo timido. Uno sguardo distratto potrebbe giudicarlo schivo, anzi a disagio. Sotto il profilo del carattere Manolo Gabbiadini è l’anti-Napoli per eccellenza. Silenzioso e discreto, esattamente il contrario di una piazza chiassosa ed accesa. La storia ce lo insegna: nella platea napoletana è il profilo basso che meglio si adatta ad un ambiente dove le pressioni sono tante. L’avvio di un’osmosi che fa del bene a entrambe le parti. Prendiamo il caso di Beppe Savoldi, bergamasco come come lui: “Ho smussato il mio carattere da bergamasco burbero grazie all’atmosfera che ho vissuto a Napoli. Di questo ne sarò sempre grato alla città e alla tifoseria”. L’impatto per Gabbiadini è stato praticamente lo stesso. Arrivò incredulo a Capodichino una domenica sera di dicembre. Pensava che quei napoletani in aeroporto lo stessero sfottendo: “Oi, ci stanno mille persone per te. Bravo”. Non ci credeva, no. Ma bastò sentire il rumoreggiare da dentro l’edificio e la scorta di polizia che venne a prelevarlo per capire che era proprio vero. Come Cavani, come Higuain.
Per Manolo Gabbiadini un’accoglienza da sogno. Quelle che si riservano ai campioni. Ma non ci fu nessun bagno di folla. Meglio così? No. Gabbiadini voleva salutare quella gente, dimostrare quanto fosse felice di essere arrivato in azzurro. E non potendolo fare ha scelto la sua lingua preferita, in attesa delle parole: quella dei gol. Col permesso di Benitez ha giocato quanto ha potuto, e quando lo ha fatto ha semplicemente fatto centro. In tutti i modi, o quasi. Da sinistra, dal centro e da destra. Un autogol propiziato. E poi gli assist. Il signor Benitez lo ha tenuto in tribuna il 6 gennaio nella sfida col Cesena. Il debutto è fastidioso e amaro: nella macchia dell’1-3 incassato in casa contro la Juventus. E poi ancora panchina, a Roma con la Lazio. Gol che si facevano attendere. Non arriva neanche col Genoa. Qualche mugugno. Ma questa è Napoli. La Coppa Italia pure passa indenne, ma il momento è vicino: la Gabbia-mania si scatena a Verona col Chievo. Autogol propiziato e gol che contribuisce alla vittoria. Ci siamo. Eppur si muove. E ancora con l’Udinese. E da solo salva la faccia al Napoli a Palermo.
Tre di fila prima del debutto assoluto in Europa. In Turchia la sublimazione: gol e assist, partita da fenomeno. Sono quattro reti in sei partite, contando quelle dove è sceso in campo ed escludendo la Coppa Italia. Così si può fare un rapido paragone con gli altri grandi attaccanti arrivati nell’era De Laurentiis. Meglio di lui solo Edinson Cavani (una rete in più in sei partite). Gabbiadini come Higuain: anche il Pipita debuttò con quattro gol in sei partite, di cui uno in Europa (ma era la Champions). E poi nessun altro: per Hamsik appena una rete nelle prime sei gare in azzurro, così come per Lavezzi. Quagliarella ne fece due. Gli altri attaccanti di gennaio (Mascara e Calaiò) per i gol hanno dovuto aspettare. La sciarpa al collo in quella domenica di dicembre, una folla festante all’aeroporto. Chissà se Gabbiadini già sapeva che il suo impatto nel Napoli sarebbe stato quello di Higuain e Cavani. Una partenza da sogno per una storia ancora lunga. Appena iniziata, e tutta da scrivere: con poche parole e tanti gol.
Fonte: GianlucaDiMarzio.com
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