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Napoli, ecco la tua ultima sfida…

Acquisita la mentalità vincente, adesso è il momento di migliorare la qualità del gioco

Da quei giorni di luglio in cui i calciatori del Napoli davano i primi calci al pallone sotto il sole di Dimaro sono passati quasi tre mesi. Settimane segnate da tanto lavoro, facce nuove e cambiamenti tattici. Da allora il Napoli è sceso in campo, tra impegni ufficiali e amichevoli di lusso, 12 volte, vincendo in dieci occasioni, pareggiando nella trasferta di Catania e perdendo solo nella contestatissima finale di Supercoppa italiana.

In campionato cinque vittorie e un pareggio, primo posto, secondo miglior attacco (12 goal realizzati, contro i 15 della Juventus, nda) e miglior difesa (solo due goal subiti, nda). Un Napoli che pare abbia imparato a vincere, sempre. Anche quando il fiato è corto e gli avversari corrono di più e arrivano per primi su ogni pallone; proprio come successo nell’ultima trasferta di Genova.

I tifosi si esaltano e spulciano, tra statistiche e scaramanzie, i “segni” che è arrivato l’anno buono, quello del successo finale. Lo scudetto. I numeri sembrano dar credito a quanti ci credono; è però compito di un buon giornalista, soprattutto nei momenti in cui la squadra vince, tener d’occhio quei fatti che a volte i numeri nascondono.

Il Napoli ha acquisito una mentalità vincente vincendo, ottenendo fiducia nei propri mezzi sfidando le migliori squadre d’Europa, imparando a reagire alle sconfitte e puntando su impetuose reazioni caratteriali nelle partite in cui va in svantaggio.

Nella rapida evoluzione che ha portato il Napoli ad essere una realtà affermata nel panorama calcistico continentale i meriti sono da dividere tra società, calciatori e tecnico. Con qualche merito in più da riconoscere proprio a Mazzarri.

Il tecnico di San Vincenzo ha iniziato quel processo di crescita che sta portando il Napoli a migliorare in quegli aspetti che le passate stagioni hanno evidenziato come i limiti della sua squadra. Accantonati Lavezzi e la sua indisciplinata genialità, l’allenatore del Napoli ha modificato lo schieramento della sua squadra in modo da valorizzare al meglio il talento dei suoi calciatori. I risultati non si sono fatti attendere. Pandev ha potuto esprimere con continuità le sue grandi potenzialità, Hamsik è ormai il leader indiscusso della squadra e a pieno titolo un top player, Cavani ha smentito tutti coloro pensavano che la sua vena realizzativa si sarebbe prosciugata senza le accellerazioni di Lavezzi.

Il camaleontico 3-5-1-1 di Mazzarri (durante le gare la posizione di Hamsik e degli esterni garantiscono diversi cambiamenti di modulo, nda) ha dato maggiore sicurezza al Napoli che difficilmente cade in balia dell’avversario.

In fine, l’allenatore sta piano piano superando le proprie reticenze nell’impiego dei giovani, aiutato in questo passo dal grande talento di Insigne. Talento ma non solo.

Il folletto di Frattamaggiore sta stupendo tutti con un atteggiamento di grande maturità tattica, cercando sempre la giocata migliore per la squadra invece che quella con cui ingraziarsi il pubblico del San Paolo. Pubblico che, tra l’altro, già lo adora. In questo Insigne ha già cancellato il ricordo di un altro napoletano, Quagliarella. Il buon Fabio ha perso la più grossa occasione della sua carriera, vincere nella sua città, cedendo troppo spesso alla tentazione d’essere “Masaniello” più che campione. A lui vanno, in ogni caso, gli auguri più sinceri perché abbia tutte le soddisfazioni che merita.

Non è, però, tutto oro ciò che luccica. Dietro le invidiabili statistiche degli azzurri si nascondono aspetti su cui c’è ancora molto da lavorare. Nonostante i soli due goal subiti, la difesa ha mostrato segni di cedimento quando il filtro della mediana perde d’intensità e i limiti di marcatura sui calci piazzati sono ancora evidenti. L’aspetto, però, su cui è indispensabile migliorare è quello della qualità di gioco. I movimenti del solo Hamsik non sono sufficienti a forzare le difese di squadre che, soprattutto al San Paolo, si limitano a coprirsi provando a colpire in contropiede.

Salta di certo all’occhio lo scarso apporto di Inler in fase d’impostazione. Il regista elvetico sembra un rebus senza soluzione; nonostante le sue qualità siano indiscutibili, Inler è bloccato da un punto di vista psicologico. Lo svizzero, a onor del vero, sta fornendo ottime prestazioni in fase di copertura contrastando centralmente e raddoppiando sulle fasce. Ciò che però si chiede ad Inler è di diventare il faro del gioco, dettando i tempi della manovra e dando verticalità alle azioni d’attacco, troppo spesso affidate ai soli lanci sugli esterni. Il “leone” deve trovare maggior fiducia nei propri mezzi, accantonando la paura di sbagliare ed imponendosi come perno del centrocampo.

Troppo spesso il Napoli confida nei lanci dalla retroguardia da parte di Cannavaro, con il doppio svantaggio di permettere agli avversari di affrontare gli attaccanti napoletani a difesa schierata e vanificando la superiorità numerica che il modulo del Napoli garantisce sulla linea mediana.

Oltre la leadership di Napoli e Juventus, le prime sei giornate di campionato hanno evidenziato un diverso atteggiamento tattico con sempre più squadre che privilegian un gioco basato su di un possesso palla veloce e di qualità. Tra le tante squadre che stanno attuando questa “rivoluzione culturale” quella che merita maggiore attenzione e si è conquistata gli apprezzamenti dei tifosi e degli addetti al lavoro è la Fiorentina di Montella. Il giovane tecnico – in accordo con la società che gli ha garantito calciatori dalle caratteristiche funzionali al suo gioco – ha reinventato la Fiorentina, cancellando in pochissimo tempo il ricordo di una formazione abulica e priva di gioco.

Anche Montella, come Mazzarri, ha scelto uno schema con la difesa a tre (per Mazzarri un’ennesima soddisfazione viene dal fatto che la tanto criticata difesa a tre viene adesso adottata da 8 squadre su 20, tra le quali Inter e Juventus. Nda), ma, a differenza del Napoli, la Fiorentina riesce ad esprimere maggiore qualità in mezzo al campo con tutti i calciatori in possesso di un’ottima tecnica di base, grazie alla quale non soffre il pressing delle squadre avversarie e riesce a condurre sempre azioni corali per liberare uno dei tanti calciatori che partecipano alla fase d’attacco. Un calcio moderno e spettacolare al quale il Napoli può e deve ispirarsi, pur senza snaturare le proprie peculiarità.

Le recenti difficoltà della Juventus nella gara di Champions contro lo Shakhtar dimostrano che la sola fisicità non basta ad imporsi in campo europeo e che è indispensabile puntare sulla qualità del gioco e sulla capacità di variare schieramento tattico a seconda dell’avversario che si affronta. La sfida del bel gioco è l’ultima per Mazzarri ed il suo Napoli, superata la quale nessun traguardo sarà più precluso alla società di de Laurentiis.

A cura di Pompilio Salerno

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