«Il mister l’hanno esonerato quando stavamo cominciando a capirlo». Così Nicola Amoruso, detto “Nick piede caldo”, attaccante di quel Napoli: 10 reti a fine stagione. Lui, l’altro, il mister insomma, è Zdenek Zeman. Boemo col calcio luccicante come cristalli di Praga. Intrigante e intransigente. Romantico che è quasi autolesionista. Evaporato una domenica in uno sbuffo d’aria davanti ad una telecamera. Sei giornate giuste e qualche “stecca” di sigarette appena. Però con l’aroma rimasto nell’aria. E i nostalgici ancora la sentono. Tre mesi di Zeman ritiro compreso. E quell’oretta scarsa contro la Juve al debutto da strabuzzare gli occhi. 4-3-3, ovvio. Ma già gli esterni che andavano, la difesa altissima e nessuno che scappava dietro. All’attacco. Tutti. Saber era il Cafu del deserto. Matuzalem il metodista. Sesa il talento promesso come la terra: 16 miliardi il costo. I gol: di Stellone. E lui segnò ai bianconeri. Al 40’. Prima che si svegliasse Kovacevic e sul San Paolo si abbattesse la maledizione di Tutankhamon Del Piero. Tra i pali, un tenero Coppola. In panchina, tal Giorgio Di Vicino da Pianura.
La storia. Breve, troppo breve, comincia da lui. Da Alicante. E da un’amichevole col Real campione d’Europa. Segna ‘o guaglione. Pareggia Conceiçao. Vana gloria. Gli azzurri si illudono. Le avevano buscate da Biellese e Borgosesia in precampionato. Ed erano quelli… Stagione 2000/01, quella della B. Quella finita con Mondonico e “non era mica questa la partita da vincere”. Eh no, non era. Non ce ne erano proprio. Neanche Zem Sei an ne vinse una. Ko con Juve e Inter, due disfatte a Fuorigrotta con Bologna (1-5) e Vicenza (1-2), pari a Lecce (1-1) con Stellone rotto e papocchio a Perugia: completo. Sul campo ci si mise l’arbitro: rigore dubbio contro e un gol annullato. Finì 1-1. “Ma era già tutto scritto” disse Zeman. Esonerato. Ma da chi? La storia si attorciglia su fatti e personaggi e ha tante troppe verità. Due presidenti di fatto, un’ombra nelle segrete stanze e un allenatore in mezzo. Più di Corbelli che di Ferlaino all’inizio. Poi di nessuno. L’esonero anticipato a Perugia da un capotifoso e ufficializzato dal presidente baffuto alla “ds”. Resta poco nella memoria. I gradoni di Soccavo, 23 acquisti e l’idea di una rivoluzione calcistica appena abbozzata. Il vento del cambiamento fu spazzato via come il fumo di una Marlboro light.
Fonte: Corriere dello Sport
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