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Napoli e Genoa, l’amicizia nata ai tempi del colera

Durante l'epidemia del 70', molti club rifiutavano di condividere lo spogliatoio con i calciatori azzurri: solo il Genoa manifestò solidarietà al presidente Ferlaino

In cartellone, al San Paolo, Napoli-Genoa. Neppure l’inglese più sfacciato e incallito per il gioco d’azzardo penserebbe di puntare un solo penny sull’ipotesi di incidenti tra le due tifoserie. La ragione del clima di assoluta serenità che si potrà respirare a Fuorigrotta non è soltanto quella che fa capo ad un ormai storico gemellaggio tra i supporters della squadra napoletana e quelli della compagini ligure. Anzi, lo è in minima parte.  In questo caso, infatti, non si tratta di semplice amicizia o di solidarietà sportiva. A legare le due componenti agonistiche è l’amore. Quello autentico, figlio del rispetto e del senso per la civiltà. Una storia lunga quasi mezzo secolo, ma ancora bellissima e tremendamente attuale.

Benedetta sia la Rete quando, usata con buon senso e per scopi di genuina fratellanza o ancora per desiderio di conoscenza, riesce a svolgere per esempio il ruolo che era del nonno quando si sedeva accanto al camino e cominciava a raccontare una storia ai nipotini seduti per terra sul cuscino e con in bocca una mentina ricevuta in premio dalla nonna che, intanto, rigovernava in cucina. Navigando, così a caso e senza una precisa meta informativa, ho incontrato uno di questi “nonni” con la sua bella fiaba da raccontare. Una favola per grandi. Napoletanosinasce.com è la “stanza” dove vive Bruno Marra l’affabulatore di questa storia vera e istruttiva che mi piace riprendere a regalare a tutti coloro che non la conoscono. Perché, da Esopo in poi, è proprio questa la funzione delle favole. Passare di bocca in bocca saltando ogni tipo di barriera.

Italia 1971. Dopo il Grande Sogno del Sessantotto, spazzato via dalla disillusione di quegli stessi attori che lo avevano messo in scena, è il primo anno horribilis di una nazione che, senza rendersene conto, sta smarrendo se stessa e tradendo praticamente tutte le regole etiche e morali attraverso le quali i grandi personaggi usciti indenni, a cavallo della Resistenza, dal ventennio e dall’olocausto bellico erano faticosamente riusciti a rimettere in acqua la Nave Italia disegnando per lei una rotta che avrebbe dovuto condurla in zone meno tempestose. Sono troppi i superstiti voltagabbana che puntano a mettere le mani sul timone. E proprio in questo anno così oscuro perché si trama nell’ombra viene gettato il seme di piante velenose ancora oggi in vita. Corruzione (il caso Cefis), complotti (il golpe Borghese), la paura del “comunismo” (Nenni e Moro disarmati politicamente mentre al Colle sale la “marionetta” di Leone), il vuoto politico lasciato dalla sinistra (i sindacati occupano da padroni quello spazio), la fine del Movimento Studentesco (sui fogli extraparlamentari esordisce la foto della Calibro P38), la media borghesia che reclama privilegi a rischio ( le marce della maggioranza silenziosa), la Chiesa che compie un nuovo salto indietro (don Mazzi e i suoi sacerdoti dell’Isolotto vengono addirittura processati), il perbenismo codino dilagante (la censura si scatena e fa a pezzi Decameron di Pasolini e, l’anno dopo, l’Ultimo Tango di Bertolucci. Persino Lucio Battisti e Ron vengono manipolati.). Intanto, come si dice, piove sul bagnato.

A Napoli scoppia un’epidemia di colera. La “cozza assassina”, in tempo record, diventa il simbolo di un’Italia che per troppi italiani, di là dal fiume Po, è motivo di orticaria e malessere. Dimenticando che la ricostruzione industriale del Nord e che la ripresa economica dell’intero Paese era stata realizzata anche sulle spalle dei “terroni” migrati per necessità, Napoli e la costa campana vengono (non  ufficialmente, ma praticamente sì) ribattezzate “zona off limits” e tutto ciò che ha anche soltanto un vago profumo di partenopeo scatena panico e nevrosi assortite. L’Italia scopre di possedere un esercito incredibile, per per numero di iscritti, di “monatti” proprio come al tempo della manzoniana peste in Lombardia e nel Veneto. Quando poi si cominciano a contare i morti, specialmente ne vicoli e nei bassi della città, la paura diventa terrore. Anche il calcio napoletano paga pegno. Gi striscioni che i tifosi e i giocatori del Napoli trovano ad attenderli negli stadi sono una vergogna per l’umanità.

L’estate, tempo di preparazione in vista del campionato, è un incubo per la squadra allenata da Beppe Chiappella nella quale tra gli altri giocano Zoff, Panzanato, Juliano, Sormani e Altafini. Dopo la fase del lavoro atletico si dovrebbe passare alla parte pratica con le tradizionali partite amichevoli. Ebbene, in giro non si trova una sola squadra che sia disposta a condividere il campo, gli spogliatoi  e le docce con i giocatori del Napoli. Può sembrare assurdo, anzi lo era, ma è anche esattamente ciò che accadeva. Un giorno, nella sede della società, al presidente Ferlaino viene consegnato un telegramma. Arriva da Genova e dal Genoa Calcio. Ben lieti di poter organizzare uno stage pre-campionato con la vostra squadra titolare, si legge. Probabilmente, da sotto la Lanterna si sono ricordati che a metà dell’Ottocento l’intera Liguria era stata devastata da un’epidemia di colera senza precedenti. Un gesto di solidarietà che i napoletani non dimenticheranno.

Tant’è. Undici anni dopo. Maggio 1982, ultima di campionato. Il Napoli ha disputato una stagione assai più che dignitosa. Al Genoa manca un punto per raggiungere la salvezza. Al San Paolo, come avverrà tra poco, è in programma Napoli-Genoa. Il popolo rossoblù è accorso in massa accolto da applausi da quello napoletano. Ma la partita, per Claudio Sala, Onofri e compagni genoani non si mette bene. Due a un per il Napoli, quando manca un minuto alla fine. E per il Genoa sarebbe la fine sul serio. Il poeta del gol, Sala appunto, si invola sulla destra e inventa un cross a rientrare con il pallone che sembra andare a cercare la testa del compagno Faccenda. E’ il gol del pareggio. Un attimo dopo i giocatori delle due squadre sono al centro del campo. Il popolo del San Paolo è tutto in piedi.  Escono gli azzurri e lasciano i colleghi del Genoa, da soli, a raccogliere quel uragano di applausi che significano amore vero.  Quello nato al tempo del colera.

Fonte: Calciomercato.com

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