Il Marco che sale si sveglia all’alba, osserva le colline di Firenze e va: di corsa, perché è scivolato via un anno e non c’è più tempo da perdere, ormai ha già dato e forse è arrivato il momento di riscuotere (magari con gli interessi). Il Marco che scende tira il fiato, si rimette in tuta, dà un’occhiata all’orologio e ricomincia mentre gli altri approcciano la pennichella: palestra, potenziamento muscolare, fisioterapia ed avanti così, il conto alla rovescia è cominciato e il dieci luglio si sta avvicinando a grandi passi. Il Marco che oscilla nei suoi pensieri sparpagliati è il Donadel che non s’è (praticamente) mai visto a Napoli: sedici minuti tutto compreso e il mercato low cost che conduce al mediano a parametro zero finisce per aprire il cassetto dei soggetti smarriti che hanno voglia di riemergere da quel cono d’ombra che li ha inghiottiti. Appuntamento a Dimaro, in ritiro, per (ri)presentarsi al Napoli completamente nuovo nel fisico e nello spirito.
LA MALEDIZIONE – Un anno, una storia ch’è quasi surreale, con dentro persino le luci soffuse della sala operatoria, con il pessimismo che diviene il compagno d’una esistenza tormentata. La fortuna è cieca ma la sfortuna dev’essere attentissima e, scelta un bersaglio, ci va giù pesante, cancellando un campionato intero con una serie di colpi bassi che potrebbero abbattere persino un toro: Donadel compare nel Napoli a Dimaro e però ne è immediatamente fuori, ancora prima di scendere in campo a Cesena, nel giorno del debutto, per una lesione muscolare che richiede cautela e che “costa” un paio di mesi d’iniziali sofferenze e gli strappa soltanto un auspicio. «Ma tornerò, perché voglio dimostrare ciò che sono». E’ un inverno laborioso, in cui il lavoro viene ripianificato: preparazione adeguata, tanta pazienza e un pizzico d’ottimismo, che il 12 gennaio pare essere ripagato in Napoli-Cesena. Sono dodici minuti di partita, quattro di recupero è un effetto sorprendente su quello spezzone di gara affrontato a presa rapida, infilandoci un paio di tackle e la personalità che spiazza i pregiudizi. Ma la sorte, quella avversa, s’è concentrata e rimasta appollaiata intorno al san Paolo o a Castelvolturno o chissà dove, perché quel fotogramma resterà l’ultimo.
L’INTERVENTO – Uno dice: vabbé è fatta; e invece al peggio di Donadel non c’è mai fine, perché a marzo, mentre il Napoli sta decollando per Londra, destinazione Chelsea, la lesione ai legamenti del retto femorale della coscia spinge il mediano sotto ai ferri, a Monaco di Baviera, dove comincia un altro calvario, smarrendosi nella bruma d’un momentaccio che dura eterno e che ha rimosso ogni speranza immediata. E’ complicato ma chi la dura la vince e in quel su e giù dell’umore c’è poi una telefonata di Mazzarri ed una dichiarazione di Bigon, il ds, che aiutano ad insistere, a crederci: «Verrà in ritiro, è un giocatore sul quale abbiamo puntato ed investito e lo aspetteremo».
LA SCOSSA – Ci vuole poco per far schizzare l’autostima in alto, per rimuovere tutto ciò ch’è accaduto in una decina di mesi rovinosi come pochi avrebbero potuto immaginare: ci vuole la percezione che intorno a sé, Donadel abbia trovato gli argomenti giusti per sorridere, per riacquisire serenità e scorgere un squarcio d’azzurro in fondo a quel tunnel. E’ una prova di forza, dunque, e la versione “stakanovista” spazza via le perplessità ignora il calendario delle vacanze, si carica la propria tabella di marcia e – quattro ore al mattino ed altre quattro al pomeriggio – comincia a credere che qualcosa stia cambiando, che la svolta stia per arrivare, che il Marco possa finalmente avere un suo valore.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.