Il modo rocambolesco in cui è arrivato il pareggio casalingo col Torino non deve ingannare; anche la partita con i piemontesi ha confermato che il Napoli vive una frase di crisi, di cui i risultati sono solo il prodotto.
Non è mia intenzione tracciare alcun bilancio quando si è giunti solo all’undicesima giornata e la classifica è più che positiva, ma la flessione che la squadra di Mazzarri vive da circa un mese è tale da mettere in guardia società e tifosi sul rischio di vanificare la possibilità concreta di lottare per i primissimi posti della classifica. Come anticipavo, ciò che preoccupa maggiormente è che l’involuzione del Napoli non è solo di risultati ma, principalmente, di gioco e – per la prima volta nella gestione Mazzarri – di atteggiamento. La mancanza di cattiveria dimostrata dalla squadra in numerose occasioni lascia insinuare il dubbio che il tecnico di San Vincenzo abbia un po’ perso il polso dei suoi uomini, o che viva egli stessi un calo di stimoli.
Non tornerò sulla questione del rinnovo di Mazzarri, ma riassumo il mio pensiero confermando la mia personale sensazione: a fine stagione il rapporto tra l’allenatore toscano e la società azzurro volgerà al termine. A quel punto, spero che tutti tributino all’allenatore gli attestati di stima e i ringraziamenti per il suo duro lavoro. Nonostante qualche limite, Mazzarri consegnerà al suo successore una squadra pronta per il definitivo salto di qualità, ma anche una dura eredità da gestire.
Partiamo dai risultati. Un mese fa il Napoli era primo in classifica, vantava il secondo miglior attacco, la miglior difesa e aveva perso solo la finale di Supercoppa. Da quel momento il Napoli ha giocato sette partite vincendo solo due volte (Udinese e Chievo), pareggiando col Torino e perdendo ben quattro volte. Il tabellino recita: quattro goal segnati e ben undici subiti. Si obietterà che in questo computo incidono pesantemente le due disfatte in Europa League giocate con formazioni zeppe di riserve, appunto ragionevole ma che non muta la sostanza del ragionamento. Limitandoci al solo campionato, il bilancio è di due vittorie, un pareggio e due sconfitte, quattro goal segnati e cinque subiti. Se si scorrono i nomi delle avversarie (Udinese, Chievo e Torino in casa e Atalanta e Juventus in trasferta, nda) è facile constatare come il Napoli abbia perso l’occasione di rimanere agganciata alla Juventus, ora distante cinque punti.
Come accennato, l’involuzione della squadra di Mazzarri non si limita ai risultati. Se da tempo auspico un miglioramento della qualità del gioco (clicca qui per leggere l’articolo del 24 Aprile scorso), oggi devo registrare uno scadimento sul piano delle motivazioni e dell’intensità di gioco (uno degli elementi fondamentali nel calcio di Mazzarri, nda). La condizione fisica c’entra poco. Assistere al modo in cui il Napoli si è lasciato surclassare da formazioni non irresistibili come PSV e Dnipro ha lasciato molti dubbi anche sulle reali motivazioni di giocatori che, poco impegnati in campionato, in Europa League dovrebbero dare l’anima per ritagliarsi maggiore spazio. Colpa questa che va addossata solo in minima parte all’allenatore; in fin dei conti, è bene ricordarlo, in campo vanno i calciatori e correre è un loro compito, oltre che dovere.
Fatto sta che il Napoli ha perso quella furia agonistica che ha segnato il passato recente e i successi di una squadra che assomiglia sempre meno al suo tecnico. La vittoria dell’Inter a Torino ha dimostrato, una volta in più, che al cospetto di squadre di valore cercare con insistenza la vittoria è l’unico modo per conseguirla e che fare calcoli, al contrario, non salva dal rischio della sconfitta.
Fatto sta che il Napoli ha perso quella furia agonistica che ha segnato il passato recente e i successi di una squadra che assomiglia sempre meno al suo tecnico. La vittoria dell’Inter a Torino ha dimostrato, una volta in più, che al cospetto di squadre di valore cercare con insistenza la vittoria è l’unico modo per conseguirla e che fare calcoli, al contrario, non salva dal rischio della sconfitta.
Altra colpa da condividere con l’allenatore è quella del mercato e stavolta l’indiziata principale è la società. Pur consapevoli da molto tempo della volontà di non investire ingenti capitali quest’anno, in vista di farlo all’avvio di un nuovo progetto tecnico con un nuovo allenatore (clicca qui per leggere l’articolo del 10 Luglio scorso), c’è da constatare che molto di più si poteva e si doveva fare.
Ciò che è appare chiaro è che la rosa è stata costruita in maniera imperfetta, riparando solo in parte alle carenze emerse nella passata stagione. Le ultime gare hanno dimostrato, ad esempio, come manchi un’alternativa a Cavani nel ruolo di prima punta e come ormai Dossena sia da considerarsi non più adeguato al progetto tattico del nuovo Napoli di Mazzarri.
Pandev, nonostante le indiscutibili doti tecniche, non ha le caratteristiche adatte a dare profondità alla squadra, elemento indispensabile per creare spazi agli inserimenti dei centrocampisti e scardinare le difese di squadre molto chiuse. Ad aggravare il compito del macedone si aggiunge una condizione fisica precaria che limita il suo apporto in fase di pressing e gli spunti negli ultimi 30 metri.
Per l’esterno di Lodi, invece, non si tratta di un problema di ruolo e solo parzialmente di una condizione fisica non ottimale. Calciatori che fanno della sola corsa la propria caratteristica tecnica principale si sposano male con l’idea di calcio che Mazzarri prova ad inculcare alla squadra. Non è un caso che Zuniga sia passato nel giro di un anno da alternativa a titolare inamovibile.
Arrivati al 7 di novembre come terzi in classifica vuol dire che nulla è perduto e che si può ancora rendere questa stagione colma di soddisfazioni, a patto di cambiare rapidamente marcia. Partendo sin dalla partita di domani con il Dnipro. Oltre che per provare a qualificarsi per gli ottavi di Europa League, vincere con gli ucraini servirebbe a ridare serenità all’ambiente e credibilità internazionale alla società di de Laurentiis. Proprio alla società spetta il compito più impegnativo per segnare il cambio di passo nella stagione. È ora che Bigon dimostri le sue qualità di direttore sportivo in sede di mercato e non solo come abile mediatore tra i propositi del Presidente e i voleri dell’allenatore.
Un attaccante capace di far rifiatare Cavani senza snaturare la squadra, un centrocampista abile nelle due fasi e un esterno sinistro sono tre acquisti imprescindibili per portare avanti una stagione ad alti livelli. Sfoltire la rosa dei giocatori non più in linea con l’idea di calcio che il Napoli deve esprimere sarà altrettanto complicato ma darà maggiori possibilità di miglioramento della rosa senza intaccare quel capitale che la società intende investire per la prossima stagione.
Attendere non è più possibile, bisogna scegliere.
Pompilio Salerno
Condividi:
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Ok Notizie (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per inviare un link a un amico via e-mail (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pocket (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Tumblr (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Altro