Fuori: perché chi sbaglia paga e il Napoli che domina ed esce dall’Europa è vittima di se stesso, di una serie d’errori che lo condannano. Capita in una serata struggente e paradossale, con sessanta minuti di gran calcio, una produzione industriale di palle gol e scarabocchi che però pesano: passa il Porto (con il 2-2), che s’intravede appena per una sessantina di minuti e che però ha la capacità di resistere e di cogliere gli attimi fuggenti che lo trascinano ai quarti.
RISCHIATUTTO – Finisce male ma quando non è ancora cominciata, e quando Napoli-Porto è soltanto all’orizzonte, e quando si comincia ad avvertire il clima da partita con l’annuncio delle formazioni s’intuisce che la scelta è fatta: osare, osare e osare ad oltranza; avanti tutta ma avanti tutti, con Higuain assistito da Mertens-Pandev-Insigne (dunque tre attaccanti autentici) e Callejon e Hamsik sacrificati per il turnover ma anche per un’idea «oltranzista» che produce un assedio all’arma azzurra, un’ondata anomala che travolge il Porto. E’ un Napoli che si concede, che si prende il campo, lo tiene per sé, lo occupa in lungo e in largo, inducendo all’estasi per una mezz’ora ch’è da ricordare, impregnata d’occasioni, arricchita dall’1-0, «penalizzata» da piccolissimi nei, però sontuosamente interpretata tatticamente.
LO SHOW – Che non t’aspetti è nei fatti e la cronaca non può separarsi dalle opinioni: il padrone (assoluto) è il Napoli che tra il 2′ ed il 17′ crea cinque occasioni, le sbaglia per un niente (Mertens), per l’opposizione di Fabiano (su Insigne), perché gli dei così hanno deciso (sul destro di Henrique), perché viene il «piedino» (a Insigne) o sfugge il tap in (a Higuain). E quando sembra che da qualche parte sia scritto (chissà cosa), contropiede fulminante da Higuain a Pandev e da Pandev a Higuain, che trova lo spazio per un cucchiaino al «compare» ed è parità perfetta con l’1-0 dell’andata.
ALLE CORDE – C’è il Porto, in tutta la sua maestosità: il palleggio resta un godibile marchio di fabbrica ma (stavolta) è fine a se stesso ed il Napoli va a succhiare l’aria a chiunque; però non basta per starsene accovacciati nella propria metà campo e poi aspettare di ripartire: la pratica va sistemata (come se fosse semplice) e Mertens ne ha percezione (31′) sul tentativo smorzatogli dall’apertura alare di Fabiano. In teoria, non c’è partita; in pratica, basta poco per rovinarsi il fegato e quando Jackson Martinez (33′) stacca in area, dev’essere il fiato di quei 60.000 che sposta la traiettoria del pallone.
SIN PRISA – Però con una piccolissima pausa, perché poi bisogna rifiatare: il Napoli si concede un quarto d’ora di relax, resta a governare le velleità altrui, non lascia campo e però ha meno brillantezza nel rianimarsi sul versante offensivo. E la strategia che l’impone, sono le gambe che lo suggeriscono, è la necessità di non scoprirsi e di intrufolarsi nelle eventuali disattenzioni d’una retroguardia portoghese nelle quale uno statuario Mangala vale per tre.
RIECCOLI – Il sacro fuore non s’è spento, semmai lo spogliatoio l’ha riacceso e il Napoli ricomincia da dove s’era fermato: attacca in profondità, pressa, va con Mertens ed Insigne vicinissimo al raddoppio e coglie i disagi d’un Porto che non sa cosa farsene di quel pallone, né può aver un istante per ragionare. L’Europa sa però beffare su dettagli e (11′) può essere sufficiente una lievissima distrazione per sporcare il capolavoro: la più banale delle punizioni da metà campo finisce nel mucchio e la capocciata di Carlos Eduardo fa tremare Reina e con il san Paolo, ma è solo illusione ottica della disfatta. Ci vorrebbe Higuain, allora e quel pallone è suo, a cinque metri dall’apoteosi: il miglior «pipita» però s’è improvvisamente impoverito e chiedersi come abbia fatto a sbagliare diviene un tormento.
LA PANCHINA – D’oro la scopre Castro che infila nella notte Ghilas e trova la luce sin quel momento spenta: Behrami va a fare un fallo (inutile) su Jackson Martinez, s’apre una voragine che illumina Fernando per l’imbucata a Ghilas, dentro da centottanta secondi: la rasoiata alla gola del Napoli la chiude lì e rimescola la nottata con il palo di Defour, con il sinistro di Quaresma (31′), bello per davvero e pure letale. E il 2-2 di Zapata è un cioccolattino avvelenato: non c’è più Europa per il Napoli, ma l’applauso del san Paolo è un messaggio.
Fonte: Corriere dello Sport
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