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Napoli con Cannavaro e Grava

Il capitano è andato via perchè non ha retto l'emozione di tanto affetto

Due storie, lo stesso libro. E, ahiloro, una serata da spettatori: Paolo Cannavaro a casa, insieme con Fabio, nonostante una capatina al San Paolo; Gianluca Grava allo stadio, in mezzo ai tifosi. Una serata che non avrebbero mai voluto vivere. Un momento e una situazione che per loro, il capitano e l’alfiere a testa alta, resteranno indelebili e amari ricordi. Torneranno, certo, più forti di prima e onesti come sempre, come ieri e l’altro ieri, ma nel frattempo Napoli-Bologna, sfida secca degli ottavi di finale della Coppa Italia 2012-2013, passerà agli annali come la prima partita saltata dai due difensori azzurri per una storia assurda.

IL CAPITANO: ARRIVA E VA – E allora, la notte più lunga. Più lunga di quella che ha preceduto la decisione della Disciplinare e di tutte le altre dormite – male – da quando è cominciato l’incubo. Paolo non c’è. Però era venuto, allo stadio: era arrivato, ci aveva provato, aveva la ferma intenzione di accomodarsi in tribuna e sostenere i compagni, ma alla fine ha preferito andare via, rotto dentro dall’emozione. Soltanto lui, il capitano, il più tifoso dei tifosi, un ragazzo vero e sincero, integro e onesto come pochi, può sapere cosa si prova con il cuore azzurro in frantumi. Merita rispetto: stop.

CON FABIO – Con lui, dicevamo, in queste ore c’è anche Fabio, rientrato da Dubai: alla fine hanno tifato insieme davanti alla tivvù, i due fratelli. E insieme con loro tutti gli altri membri di una famiglia unita che, da sempre, è cresciuta nel nome dei valori sani, belli e veri dello sport. Paolo e Fabio, le bandiere che continuano a sventolare: figli di Napoli che hanno giocato, vinto e onorato il nome della città in giro per il mondo, e capitani. Di ieri Fabio; di oggi e domani, più che mai, Paolo.

L’ALFIERE – Notte lunga anche quella di Gianluca detto Giandu. Di Grava. Differente il teatro: il settore Distinti del San Paolo. Sì, l’alfiere della C, l’ultimo reduce della Napoli Soccer, guarda il destino, proprio con Matteo Gianello. Incroci e riflessioni. Dolore e rabbia. E poi, via allo stadio: seduto nel lato opposto a quello della tribuna Autorità, a quello che di norma frequentano i giocatori, le rispettive famiglie, i dirigenti e i vip, e affacciato proprio sulla quel fazzoletto di campo che, due campionati fa, lo raccolse con un ginocchio spaccato dopo un gran recupero sul viola Liajic. La gente che lo riconosce lo sommerge di affetto: e il popolo non blandisce i miti nei quali non si riconosce.

LA MAGLIA – Paolo a casa e Giandu sugli spalti. E i compagni a giocare, sì, ma anche a fare il tifo per loro: prima della partita, Cavani dichiara di voler segnare per poi dedicare il gol a entrambi, e così fa appena realizza l’1-0. Rete e corsa verso la panchina a prendere e a esibire una maglia bianca con la dicitura: “Cannavaro e Grava”. Gesto ripetuto anche da Mazzarri verso le telecamere e con un giro su stesso. Come a dire: “Guardate tutti”.

I CORI – Anche le curve intonano cori: “Un capitano, c’è solo un capitano”. E poi: “Grava-Grava”. Una voce profonda e commossa. E poi rabbiosa quella che scandisce gli insulti a Gianello, il fulcro della vicenda: parole irripetibili, quelle scagliate come strali nei suoi confronti, ritmate sia all’inizio, sia nel corso della partita. A valanga dopo il gol del Matador. Poi, gli striscioni: “Grazie per non aver patteggiato? Noi vittime di un infame”; “Giù le mani dai napoletani”. Finale in rima dedicato al mercato e a De Laurentiis: “A gennaio evita imprevisti: acquista”.

Fonte: Corriere dello Sport

La Redazione

A.S.

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