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“Napoli club Milano: Una gran bella realtà. Ora le iscrizioni fioccano”

NAPOLI. Nomen omen, il perito informatico napoletano Giuseppe De Laurentiis, 36 anni, dodici dei quali vissuti a Milano, non poteva che intrecciare i suoi destini con i colori azzurri. È presidente del Napoli Club Milano, che riunisce oltre 150 iscritti, vero punto di riferimento anche per i napoletani che seguono la squadra in trasferta. Un’organizzazione capillare con direttivo, tesoriere (l’acerrano Alfonso Esposito), tornei di calcetto, convegni  e l’immancabile Fantacalcio tra i soci. Ogni partita della squadra di Mazzarri, amichevole, Coppe o campionato che sia, trasforma un intero salone di un pub in zona Porta Nuova a Milano (una sede avrebbe un costo troppo alto per le casse sociali) in un settore dello stadio San Paolo. Almeno tre tavolate, sciarpe, bandiere, molte donne presenti. Il dialetto napoletano è d’obbligo, ostentato a mo’ di sfogo e di appartenenza (“una boccata d’ossigeno”).

De Laurentiis, lei quando è arrivato a Milano?

«Dodici anni fa. Cercavo lavoro, a Milano non conoscevo nessuno, ma subito trovai diverse possibilità. Quando chiesi la mia prima informazione mi rispose un tizio che parlava pugliese come Lino Banfi. Pensai che i milanesi erano in minoranza… Anche a Napoli lavoravo, assemblavo computer. Ma le prospettive erano diverse».

Ha la fede al dito. Famiglia napoletana?

«No, mia moglie è siculo-pugliese, mia figlia Dalia è nata a Milano. Ho detto a mia moglie che se facciamo nascere un prossimo figlio in Calabria o Basilicata abbiamo coperto tutto il Sud».

Come nasce l’idea del Napoli Club Milano?

«Da una pizza con altri tifosi azzurri conosciuti tramite i forum su internet. Anche se non ci eravamo mai visti quella sera, era come se ci conoscessimo da tempo. E da lì è nato tutto. In quel periodo è nato anche il mio slogan del club: “La nebbia negli occhi, Napoli nel cuore”».

Però si sarà accorto che la nebbia a Milano non è più quella di una volta…

«Vabbè, però lo slogan è carino e comunque un po’ di nebbia c’è sempre».

Mangia napoletano?

«Mi sono attrezzato, sono diventato bravo con i dolci: pastiera, struffoli, la caprese e poi, per San Giuseppe, le zeppole. Ma mi sto specializzando anche sul salato. Ai fornelli di casa ci sto io».

Sarà contenta sua moglie! La piccola Dalia ovviamente è di fede azzurra…

«Devo combattere con un cognato milanista. Ma le sto insegnando la canzone “La nostra unica fede si chiama Napoli”».

Con che frequenza torna a Napoli?

«Non più di quattro volte all’anno, purtroppo. Ma ogni volta devo assolutamente mangiare la pizza da Michele al Trianon. Mi spiace un po’ per il mio quartiere, Sant’Erasmo…».

Perché?

«Perché rispetto al passato lo vedo sempre più giù. Come se non ci fosse voglia di guardare al futuro. Ma forse una speranza rimane».

Diversi iscritti al club non sono di Napoli. Come mai? 

«Ormai siamo una realtà che attrae anche napoletani 2.0 come li chiamo io, cioè quelli che sono nati qui da genitori campani. Come il nostro Alessandro Novello, originario del Cilento. E poi ci sono anche persone non napoletane che hanno scoperto grazie a noi la loro passione per il Napoli e per Napoli».

Fonte: Il Roma

La Redazione
S.D. 

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