Dov’è l’errore, c’è da domandarsi dinnanzi alle statistiche impietose che spalancano lo sguardo sul ciglio di un burrone nel quale, psicologicamente, il Napoli rischia di ritrovarsi? Eh già, cosa sarà mai successo dopo quelle sette domeniche (quasi) perfette, tre reti appena subite – sempre al san Paolo – ed un atteggiamento autorevole, espresso attraverso la sicurezza dei gesti e la limpidezza del pensiero? Qualcosa è cambiato e lo dicono i numeri, che nel loro piccolo non mentono mai, e che smontano ora quel clima di fiducia e lasciano emergere cedimenti qua e là, non solo lontano da Fuorigrotta, ma persino in quello ch’è stato (a lungo) stato il giardino fiorito di Mazzarri.
IL CROLLO – Tutto comincia a Torino ma ci può stare di perdere all’Olimpico, al cospetto dei campioni d’Italia, della vera regina della stagione: è quello che traspare poi, in queste nove settimane e mezzo a luci rosse, prendendo gol quasi sempre (tranne che con il Chievo e con il Cagliari) e trasformando le sconfitte o i pareggi in «imbarcate». E’ 1-1 con il Torino, ed è determinato da un incidente; ma a Marassi, per vincere, il Napoli deve andare due volte sotto; e due gliene fa anche il Milan con El Shaarawy, stavolta senza che ci sia il rischio di quelle «maledette» palle inattive, dove il difensore o il centrocampista di turno fatica ad arrivare.
E DUE – Il Bologna passa perché lo decidono (nel finale e soprattutto) gli dei, perché mentre c’è un match in mano al Napoli – al quale viene il piedino, non sapendola chiudere – dal cilindro di Kone esplode una magia di rara bellezza, una gran rovesciata all’incrocio dei pali; poi, solita storia, una punizione perfida, che Diamanti calibra nel mischione, dove emerge Portanova che strofina la carta vetrata sulla pelle di una squadra sull’orlo di una crisetta di risultati: zero punti in due partite, tra l’Inter ed il Bologna, con la Juventus che si allontana ed il secondo posto che resta un’illusione, un tormento.
BRIVIDI – Raccontano le statistiche, nella loro crudeltà, che il Napoli della seconda fase di questo girone ascendente sia stato capace di subire undici reti dal 31 ottobre ad oggi: uno score che stride con le abitudini della partenza lanciatissima, una tendenza acuita dalle difficoltà in copertura che traspaiono pure in Europa League (tre gol dal Dnipro in Ucraina e due al san Paolo, tre reti sempre dinnanzi al proprio pubblico nella «inutile» sfida con il Psv). Sono una serie di sfumature inquietanti, le stesse di un anno fa e in una squadra che sugli angoli o sulle punizioni va a marcare ad uomo. E’ una questione di testa, ancor prima che di impostazione; forse di abbinamenti, più che di disposizione.
INVOLUZIONE – E’ incredibile ma è assolutamente vero ciò che il Napoli sa fare quando nasce la stagione: a Palermo passeggia e non subisce, a Catania va nel caos ma resiste, con la Lazio non concede ed alla Sampdoria lascia il nulla, mentre con l’Aik maramaldeggia. Giocano spesso i titolarissimi della passata stagione (Campagnaro, Cannavaro e Aronica, dopo che Britos si è fatto male alla seconda giornata), c’è ancora un entusiasmo frizzante che circonda quella squadra e – probabilmente – pure energia che aiuta, che lascia andare leggeri. Con il Bologna non cade solo l’imbattibilità interna in campionato (otto mesi dopo, non accadeva dall’Atalanta) ma si riaprono interrogativi sul modulo, sottolineati dalla scelta di Mazzarri di rimescolare ancora e di nuovo in corsa la squadra, di partire a tre e rimettersi a quattro quando la giornata si è complicata. Ma certe coincidenze sono cicatrici sul cammino di un’annata contraddittoria: dov’è l’errore?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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