Il Napoli è l’anti-Juve e non solo perché ha agganciato i bianconeri in vetta alla classifica (cosa che non accadeva alla quarta di campionato da ventitré anni), ma anche perché ieri sera alla Lazio ha lasciato veramente poco. La strada della meta l’ha indicata Cavani alla sua seconda tripletta contro la squadra romana. Settantadue reti, una media gol superiore addirittura a quella del Divino Diego (0,71 contro 0,44). Basterebbero questi numeri a sottolineare la grandezza di questo attaccante, uno tra i migliori del mondo che vale quella clausola da sessanta milioni esentasse sottoscritta con il rinnovo contrattuale. A uno del genere si può perdonare tutto, anche un rigore (procurato da Lorenzino Insigne con un numero maradoniano) calciato alle stelle (sarebbe stata la sua prima quaterna in carriera). Oggettivamente non c’è stata partita. La Lazio ha pagato la fatica, le troppe partite ravvicinate. Forse anche il contraccolpo psicologico della sconfitta interna con il Genoa. In ogni caso non è stata la bella Lazio di questo avvio di stagione.
KO – Petkovic ci ha provato a cambiare l’andamento della gara. Ha messo Ederson al posto di uno spento Mauri e Floccari accanto a Klose (il posto glielo ha lasciato Cavanda con Lulic che è arretrato sulla linea dei difensori). Ancora una volta, però, la Lazio ha pagato un errore difensivo perché il gol che ha chiuso la contesa è nato da una punizione calciata da Campagnaro poco prima della linea di metà campo. Cavani ha trovato una prateria davanti a sé, troppo facile dribblare Marchetti e mettere dentro la terza rete. Lì la partita è virtualmente finita. La Lazio ha provato con generosità a costruire qualcosa ma non c’erano più le distanze giuste tra i reparti, vera manna dal cielo per un velocista come Insigne che in una ventina di minuti ha prodotto due assist (per Hamsik e Cavani), procurato un rigore e concluso una azione personale con un tiro che Marchetti ha controllato a fatica.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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