Mazzarri: «Qui ci si dimentica che siamo partiti dalla 4ª fascia». Invasione azzurra: con il Bayern quasi 10 mila tifosi partenopei
Nel periodo più eccitante degli ultimi vent’anni, il Napoli si espone alla propria fragilità. Non è una questione di uomini, perché la squadra è mediamente buona, allenata molto bene e con un po’ di fortuna può entrare negli ottavi di Champions League, un’impresa che quando ci fu il sorteggio dei gironi a Montecarlo sembrava impossibile realizzare. La zavorra è nelle incomprensioni mai risolte.
È il sottofondo napoletano di frasi dette a nuora perché la suocera intenda. È l’umoralità che tracima dalla città e ha contagiato tutti, Mazzarri e De Laurentiis non esclusi, anzi loro due più di altri. Il Napoli è tornato a Monaco per affrontare il Bayern in casa sua come non succedeva dall’aprile del 1989, quando pareggiò 2-2 e escluse i bavaresi dalla finale di Coppa Uefa: un’altra epoca più che un altro secolo. Questa specie di bellissimo pneumatico di vetro e acciaio che è l’Allianz Arena non era stato ancora partorito. «Trovarsi qui è già un successo, se soltanto due anni fa fossimo venuti a giocarci un’amichevole – dice Mazzarri – i ragazzi ne sarebbero stati traumatizzati».
Evidentemente le due ultime stagioni e certe esperienze, come giocare al Camp Nou e a Manchester contro il City, hanno rafforzato lo spirito. Eppure c’è sempre la sensazione di una squadra e di un allenatore che si esercitano su un trapezio senza rete cercando una dimensione definitiva. La vittoria lancerebbe il Napoli verso la qualificazione, un pareggio lo terrebbe in corsa, anche se resterebbe decisivo il ritorno con il Manchester City. Ma le vere domande sono: cosa ne sarebbe del Napoli se il Bayern, che al San Paolo ha dimostrato di stare su un altro livello, nonostante l’1-1, dovesse impartirgli una lezione severa? Quali squarci si creerebbero nel rapporto con Mazzarri, se sono bastate tre sconfitte in campionato a cancellare l’effetto dei larghi successi su Milan e Inter e per portarlo ai limiti di una rottura con l’ambiente?
Ufficialmente il match di questa sera, che il Napoli affronterà senza Paolo Cannavaro e Gargano, è un capitolo a sè. Nella realtà può scatenare il subbuglio pochi giorni dopo il flop di Catania e pochi giorni prima dalla partita da tutto esaurito con la Juve. Raccontano di un De Laurentiis sempre in bilico tra l’amore e l’odio per il tecnico: la pace firmata all’inizio della stagione non ha eliminato le scorie dei contrasti di maggio, quando il presidente si mise di traverso ai colloqui di Mazzarri con la Juve e con altri club, fino al punto da minacciare una ritorsione. Storia vecchia, si dirà, ma è rimasta sotto la pelle di due personaggi suscettibili e diffidenti come pochi altri nel calcio: comunque finisca la stagione non scommetteremmo dieci euro sulla prosecuzione del rapporto l’anno prossimo.
Oggi invece la panchina del tecnico livornese non è in dubbio: sarebbe una follia metterlo in discussione. Il pericolo tuttavia è che Mazzarri senta venire meno la fiducia e l’entusiasmo: perdere malamente contro il Bayern lo porterebbe ad affrontare la Juve in una situazione psicologica tremenda, con l’obbligo di non sbagliare nulla per evitare l’alluvione dei malumori napoletani. «Qui ci si dimentica in fretta che siamo entrati in Champions League come squadra di quarta fascia – dice Mazzarri – Solo il Bayern e il Manchester City hanno l’obbligo morale di qualificarsi, perché rappresentano due potenze: il Bayern ha cinque uomini candidati al Pallone d’Oro, il Manchester ha investito sul mercato quello che sapete. Noi finora abbiamo compiuto qualcosa di eccezionale ma nel calcio chiunqe si alza la mattina con un’idea in testa la può dire. Anche se è una stupidaggine». Il riferimento è vago e molto mazzarriano. Forse è la risposta al direttore sportivo del Catania, Lo Monaco, che ha definito il tecnico napoletano «il Mourinho dei poveri». O forse è la replica a chi lo accusa di giocare soltanto all’italiana, difesa e contropiede, «senza capire che il Napoli da due anni gioca sempre per imporre il proprio gioco e se qualche volta perde è perché non si accontenta mai di un pareggio e rischia. Se poi sappiamo anche fare il contropiede mi sembra un merito».
Sta di fatto che la tensione c’è. «Vorrei che i miei giocatori andassero in campo tranquilli – ripete Mazzarri -, come se si trovassero davanti a una partita come un’altra, con la sola certezza di dare il massimo come facciamo sempre. Poi tireremo le somme e capiremo se l’impresa eccezionale di qualificarsi è più realizzabile di due mesi fa». Difficile immaginare che i giocatori saranno tranquilli. Che lo sia lui è addirittura impossibile.
Fonte: La Stampa.it
La Redazione
M.V.
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