I fischi all’Inno di Mameli costano 20mila euro al Napoli. E’ quanto ha deciso ieri il giudice sportivo Giampaolo Tosel, che ha inflitto al club la pesante ammenda «per avere i suoi sostenitori – si legge nella motivazione – turbato l’esecuzione dell’inno nazionale con ininterrotte bordate di fischi e per avere altresì, nel corso della gara, fatto esplodere e lanciato nel proprio settore innumerevoli petardi, bengala e fumogeni». I fischi, censurati in modo netto anche dal presidente del Coni Gianni Petrucci, non erano indirizzati ad Arisa, la cantante che ha eseguito il brano. La pensa così anche Peppino Di Capri, tifosissimo del Napoli. «Non è mai giusto fischiare il nostro Inno nazionale e certamente il pubblico non ce l’aveva con la cantante, messa lì dai discografici e quindi esente da colpe. Credo che i tifosi trovassero inopportuno lo sfarzo eccessivo della serata rispetto ai tanti drammi che il nostro Paese sta vivendo, mi riferisco alla tragedia di Brindisi e al terremoto in Emilia. O almeno mi auguro che sia così. Immagino siano tanti i motivi del gesto, quasi un moto di protesta, forse amplificato dalla tensione per l’attesa della partita». Attraverso social network, forum e internet, i tifosi del Napoli hanno messo in evidenza come il giudice Tosel non abbia multato la curva juventina, rea di aver cantato diversi cori razzisti – riportati dai video amatoriali – inneggianti al Vesuvio e al colera. Al club bianconero è stata comminata l’ammenda di 10mila euro unicamente per il lancio di petardi, bengala e fumogeni dei propri tifosi. Intanto in Spagna, per la finale di Coppa del Re che si disputerà venerdì tra Barcellona e Atletico Bilbao, si teme un’emulazione del caso italiano, con i tifosi baschi e catalani che potrebbero riservare una «silbatina», ovvero una generale bordata di fischi, durante la Marcha Real.
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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