De Napoli, Bagni, ma poi spargeteci su un bel po’ di Romano e il gioco tricolore fu fatto. Certo, fu fatto nel 1987 e quei tre erano il cuore del centrocampo di un Napoli straripante. Un Napoli vincente. Anche su quella Juve da sempre del “non so che darei per vederla battuta”. E fu fatto anche quello, sempre nella stagione del primo titolo azzurro: doppia “carocchia” alla Signora, a partire da casa sua, con quella tripletta consegnata alla storia da Ferrario, Giordano e Volpecina. Lui, “Rambo” De Napoli, c’era. «Certo che c’ero, non me la sarei persa per nulla al mondo. La cara vecchia Juve sbalordita da un Napoli irresistibile. Ma, modestamente, e io lo sono, eravamo tutti ragazzi irresistibili. Ho segnato pure un gol ai bianconeri nella mia carriera napoletana» .
Con Bagni a stretto contatto per scombussolare le geometrie avversarie, ma anche per rilanciare l’azione.
«Vero. Io inseguivo, tamponavo, spezzavo e Salvatore poi filava via o lanciava chi di dovere. E poi faceva pure gol. Diciamo che facevamo un po’ i Behrami e gli Hamsik della situazione. Ma, forse, sarebbe più corretto dire che loro adesso fanno un po’ noi. No?».
Behrami si avvicina al suo modo di giocare…
«Sì. E’ un giocatore fondamentale per questo Napoli. Mi ci rivedo moltissimo: ha grinta, voglia di spaccare il mondo quando è in campo. Lavora per due, a volte per tre. E’, come lo ero io, uno di quei giocatori che lascia tutto sul campo per il bene della squadra, che non conosce manco da lontano la parola “risparmio”. Ma, con questo non voglio tessere le mie lodi, poiché il mio calcio appartiene al passato. Quello di Valon è moneta corrente, una moneta che al cambio acquista sempre più valore».
Però lo svizzero è il suo preferito…
«No, lui è tra i preferiti ma se dovessi fare un nome direi Paolo Cannavaro. Non è Fabio, lo sappiamo, ma meriterebbe già una statua per quanto ha saputo dare sin qui. Non dimentichiamo che per il suo Napoli è ripartito dalla B quando era in A col Parma. Quanti lo avrebbero fatto? E non solo, è anche un grandissimo difensore, oltre a essere un ragazzo irreprensibile da tutti i punti di vista. Mi fa meraviglia che non giochi in Nazionale».
Ma lei al Napoli ci pensa spesso?
«E se non penso al Napoli e Napoli a cosa dovrei pensare? Sono stati anni eccezionali. E poi, sono uno dei pochi azzurri di quel periodo d’oro ad aver vinto due scudetti, una Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa. Non solo questo. Napoli m’è rimasta nel cuore, naturalmente come la mia Avellino. Ci torno spesso con mia moglie Alessandra che è originaria di Fuorigrotta, per mangiare il pesce e passeggiare, respirando quell’aria sempre particolare. Una delizia».
In attacco Cavani, Pandev e Insigne…
«Che trio ragazzi! Fiumi di parole su Cavani, troverei banali le mie per un campione conclamato. Anche Pandev è un signor attaccante, ma è pure un po’ sfortunato. Il piccolo di casa, invece, cresce davvero bene. Insigne è una realtà non solo napoletana, ma del calcio nazionale. E siamo solo all’inizio, perché può dare molto di più. Ottima in questo caso la gestione di Mazzarri, che in qualcosa assomiglia al nostro Bianchi. Orsi ma vincenti».
Servirebbero rinforzi?
«Se servono davvero si saprà prima della sosta. Ma i dirigenti già sanno tutto. Il vice-Cavani? Potrebbe essere solo Maradona. Ma no, è per gioco: Maradona non poteva far altro che se stesso».
La Juve si prende?
«Se ci si convince come si deve, si può anche raggiungere. Anzi, si deve provare. Noi non ci arrendevamo mai. E in questo Napoli intravedo uno spirito battagliero».
Oggi arriva il Pescara.
«Impegno da non sottovalutare. Il Pescara giocherà per non prenderle, il Napoli deve aspettare il momento propizio per piazzare, casomai, un calcio da fermo. Potrebbe finire 1-0. Noi vincenti perché battevamo anche le piccole. Questo Napoli ci deve imitare».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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