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Morto Petrini, denunciò «il fango nel pallone»

La bestia nera del doping. L’inferno dei farmaci che ti alzano le prestazioni e ti rubano la vita, la palude del calcioscommesse. Un figlio portato via dal tumore a 19 anni. Ne ha viste tante Carlo Petrini che se n’è andato l’altra notte a soli 64 anni. Morto nell’ospedale di Lucca dove era ricoverato anche lui per tumore. Petrini, molti lo ricorderanno, ex attaccante della Roma di Liedholm nel’75-’76, ma prima nel Milan di Rocco con cui vince la Coppa dei Campioni nel 1969-1969 e poi una Coppa Italia nel 1971 con il Torino, ma aveva vestito pure le casacche di Genoa, Catanzaro, Ternana, Verona, Cesena e Bologna.
La sua storia, la storia di Petrini è una foto impressionante dell’Italia e del calcio degli anni ’70. Che non è stato solo le belle imprese calcistiche, non è stato solo le splendide «Domeniche Sportive» di Enzo Tortora o Alfredo Pigna. O le trasmissioni di Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Tito Stagno. Quella Italia in bianco e nero e buone intenzioni che tanto ci manca. No, la sua storia ha conosciuto molto nero. Anzi molto buio. Buio di doping e scommesse. E lui, pagando di persona, ha messo quel nero sul bianco e lo ha trasformato in libri di denuncia. Di accusa.
Petrini era da tempo malato di tumore. L’ex attaccante era stato tra i primi a denunciare il doping nel calcio negli anni ’60 e ’70, diventando ”fustigatore” dell’universo pallone. Poi finisce nello scandalo scommesse del 1980 e lascia il calcio.
Nel 2000 aveva pubblicato un’autobiografia che aveva fatto molto discutere dal titolo emblematico: «Nel fango del dio pallone», in cui denunciava il doping che riteneva già dilagante. Ammetteva – lui stesso – di avervi fatto ricorso più volte con la complicità dei medici, mettendo sotto accusa tutto il sistema-calcio, dai pagamenti in nero alle partite già decise. Solo rabbia?  Un triste campanello d’allarme? Petrini ha anche vestito i panni dell’investigatore, e scritto un altro libro: «Il calciatore suicidato» indagando sulla morte del giocatore del Cosenza Donato Denis Bergamini, travolto da un camion il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico (Cosenza). Nel volume si spinse a sostenere che la morte di Bergamini era legata alla criminalità locale, ma la magistratura aveva concluso per il suicidio. Poi il nuovo colpo di scena, la Procura di Castrovillari su richiesta della famiglia ha riaperto l’inchiesta ipotizzando invece che Bergamini sia stato ucciso. Nel 2010 il suo ultimo libro dal titolo «A piedi nudi».
Testa dura sto Petrini. Dopo la squalifica per il calcioscommesse, era stato amnistiato con la vittoria ai Mondiali dell’Italia nell’82. Tanta sfortuna nella sua vita e tanto dolore. Aveva subito ben cinque operazioni agli occhi e da alcuni mesi era quasi cieco. E, a detta dei medici che lo hanno curato negli anni, la malattia potrebbe essere stata correlata anche all’assunzione di farmaci dopanti e non, in carriera.
Nella sua storia ancora amarezze. Ancora buio. A metà anni ’80 passò a gestire una finanziaria. Ma finì tra debiti e rapporti discutibili. Dovette rifugiarsi in Francia. Ma il suo anonimato Oltralpe cessò per un altro angolo straziante della sua vicenda umana. Nel 1995 Diego, il figlio 19enne, morente per tumore al cervello, chiese di rivedere il papà, di cui non aveva notizie da sei anni. Purtroppo Diego, giovane promessa del calcio, morì senza aver visto il padre che decise di non tornare in Italia. Petrini ne scriverà un toccante libro di poesie.

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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