Interessante intervista del ds della Roma Monchi al quotidiano spagnolo El Mundo. Questi alcuni passaggi delle sue parole: “In pochi mesi mi sono reso conto che il Monchi del Siviglia non serviva alla Roma. Ho dovuto cercare dentro di me un nuovo Monchi. Abbiamo raggiunto la semifinale di Champions e siamo arrivati terzi in Serie A, ci possiamo dire soddisfatti. Professionalmente sono cresciuto moltissimo. A Siviglia ero comodo, ma avevo bisogno di nuovi stimoli e nuove sfide. Come ho iniziato l’avventura alla Roma?Cercando di conoscere il club, la città, l’atmosfera, la filosofia di lavoro, le tensioni interne al club, l’impatto mediatico del club sulla società… I romanisti hanno una emotività incredibile, comparabile con quella sevillista. E’ una cosa da tenere in considerazione quando disegni la tua politica, senza tuttavia evitare decisioni impopolari. Come l’addio di Totti o la vendita di Salah? Due cose distinte. Il ritiro di Francesco era una cosa che doveva essere affrontata. Ha tardato un po’ a capirlo logicamente, ma lo ha fatto e oggi ha un ruolo importante nel club. Per quanto riguarda Salah, non c’era altro rimedio che venderlo. Per rispettare il Fair Play Finanziario dovevamo incassare il massimo possibile per rischiare sanzioni dalla UEFA. Il club era già sotto osservazione. Vendemmo anche Rudiger, Mario Rui e Paredes. Cosa ha portato l’eliminazione del Barcellona? Autostima e un impulso per un progetto più a largo raggio, basandolo appunto sulla crescita internazionale del marchio Roma. Guardando i social è semplice intuire questa cosa. Il club ha un profilo moderno, è questo il modo per competere con Milan, Inter o Juventus. La Roma è l’unica, con la Juve, ad essere in Champions da 5 anni consecutivi. Il Real senza Cristiano? Non è facile sostituire un calciatore di quel livello. Ma nonostante l’addio del portoghese hanno una rosa monumentale. Perché non ha comprato nessun big? Perché i migliori li hanno in rosa: Isco, Bale, Benzema, Modric, Kroos, Sergio Ramos, Marcelo… Giocatori troppo costosi per la Roma? Ho lavorato in club che cercano giocatori a un prezzo adeguato e con voglia di crescere. Come per esempio Justin Kluivert? Ha 18 anni e credo che sarà uno importante nel calcio europeo del futuro. Usa entrambi i piedi, gioca su entrambe le fasce, ha velocità e gol. E’ un investimento. Il mio lavoro però è più incentrato sui profili, non sui nomi. Mi adatto all’allenatore, alle sue necessità tecnico-tattiche e in funzione del tipo di gioco che vuol proporre. Questo che si tratti di Di Francesco, Emery, Juande o Sampaoli. La filosofia di Di Francesco? Il calcio italiano non è più quello del catenaccio: Ci Francesco, Conte, Allegri… ci sono tanti esempi. Scelsi Di Francesco perché aveva le tre caratteristiche che cerco nell’individuare un allenatore. La prima è che conosca la casa, e lui aveva vinto lo Scudetto da giocatore con la Roma. La seconda che fosse italiano. Un ds straniero era sufficiente, serviva per compensare questa quota. La terza che fosse un tecnico capace di far crescere i giocatori e questo lo aveva dimostrato in passato. Per questi motivi in estate gli abbiamo rinnovato il contratto. Il calcio italiano? Parlo di ciò che vedo. Sta cambiando. La concorrenza sta facendo bene. C’è la convinzione che con più visibilità sarà più semplice rilanciarlo e l’arrivo di Cristiano Ronaldo ci aiuta a tutti, non solo la Juventus”.
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