SWANSEA – Yes, i can: perché ora che la parabola perfetta conduce alla soglia della felicità, ciò che resta d’un semestre in chiaroscuro è quella traiettoria tenerissima che rimuove gli ultimi dubbi. Ops, c’è vita su Marte; e però anche in Galles e in Italia e al san Paolo e ovunque ci sia un pallone al quale aggrapparsi con il talento fervido dei giorni migliori: perché adesso che il tunnel è alle spalle, e pure gli spifferi e i pregiudizi altrui, è più semplice ricominciare ad essere Lorenzin(h)o Insigne e a danzare leggero, destinazione paradiso. L’orizzonte è l’immensità, stasera lo Swansea, lunedì il Genoa, più in là – of course – la Fiorentina e poi il Brasile: ma è un viaggio a tappe da attraversare a testa alta, lasciando che la palla rotolando, guidata da quel destro (o anche dal sinistro) e raffiguri l’estasi a modo suo.
LET’S GO – Sassuolo è il crocevia di un’altra esistenza o, più semplicemente, la cartina di tornasole d’una gioia implosa; o, ancora, il ritorno a un passato indimenticabile, due anni tra Foggia e Pescara, trentasette volte Insigne in tutte le salse, perché il codice genetico poi non mente e il Maestro non dimentica. Si (ri)comincia e stavolta con l’entusiasmo di quel ragazzino ch’è in lui, in quello scugnizzo che con lo sguardo perso nel vuoto può concedersi di rivedere una, dieci, cento volte la prodezza che riconduce alle genialità (momentaneamente) smarrita: «E’ stato bello, anzi bellissimo».
BRAVO, RAGAZZO – E’ stato come riaccendere la luce in se stesso, uscire da quel cono d’ombra, risistemare i conti con la sorte, smetterla di prendersela con un palo, tacitare il brusio della folla e poi sgranare ancora gli occhi, diamine, ed accorgersi che Zeman (altro che il gelido boemo) ha un cuore che batte per uno dei suoi figlioli prediletti: un messaggio, ai tempi moderni, ti addolcisce ulteriormente, e se poi a spedirlo è il mèntore, la guida tecnica (umana e pure spirituale) d’una fanciulezza ancora palpabile, allora il senso della prodezza può dirsi compiuto e la rielaborazione di quel ch’è successo, di come è successo, (ri)trascina alle lezioni tra lo «Zaccheria» e l’«Adriatico», alla fiducia avvertita a pelle, ai suggerimenti di crederci, di rischiare, di puntare l’avversario – pure se si chiama Cannavaro – di «avvertire, annusare» la porta, poi di cercarla. «Vai, ragazzo».
SI (RI)PARTE – Eh sì, vai ragazzo, con la benedizione di Zeman, che sa cosa frulli in testa a quel «monello», e che se lo è gustato prima in diretta all’Olimpico di Roma, poi in tv nella sfida con il Milan e infine in quel Sassuolo-Napoli ch’è servita per abbeverarsi di sé, per scongelarsi, per dimostrare ch’era semplicemente un periodaccio in cui tutto girava contro, soprattutto l’effetto per stupire e riuscire a reglarsi quel che il destino vorrà, magari l’Europa League oppure la coppa Italia o anche la qualificazione in Champions e pure un pezzettino di Brasile. Si può: yes, you can.
Fonte: Corriere dello Sport
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