Non so se stupirmi di nuovo, ma c’è un malcostume palese, che in Italia si verifica praticamente in ogni occasione, ma a cui non riesco in nessuna maniera ad abituarmi. È troppo breve, è troppo falso, il passaggio tra “odio”, stima ed amore nei confronti di chi sta contro di noi. Intendiamoci, per evitare facili fraintendimenti e sicure strumentalizzazioni: il mio riferimento è tutto al coro levatosi da ogni angolo d’Italia in favore di Antonio Cassano. Un ragazzo d’oro, un professionista che apprezzo e con cui mi sarebbe piaciuto moltissimo avere l’opportunità di lavorare. Valutazioni che il diretto interessato conosce, e che non sono cambiate dalla prima volta che ebbi l’opportunità di vederlo disegnare magia sul campo prima, e parlargli di persona poi. Sentimenti reali, nei confronti di un ragazzo che sta vivendo un momento complicato che sono convinto sia destinato a terminare al più presto. Procedura diversa, però, è quella che contraddistingue l’opinione pubblica del nostro paese, con particolare riferimento agli organi di informazione. Si diventa bravi, belli e buoni solo quando si è colpiti da qualche disgrazia. Cassano è un genuino, uno che non porta rancori e viene immancabilmente giudicato e crocifisso per quelle stramberie che, volenti o nolenti, sono e saranno sempre parte di lui. Troppo facile accusarlo prima e fargli gli occhi dolci ora, quasi per compiacerlo. Non vedo l’ora che Antonio possa tornare a far parlare i suoi piedi, dividendo l’Italia per le sue qualità ed il suo carattere. Uno così, mi vedrà sempre e comunque dalla sua parte. Chiusa questa inevitabile e doverosa premessa, dedichiamoci al campo e all’Europa, contraddistinta dall’exploit dell’Inter. Una vittoria che non inganna più nessuno, e che spero venga accolta nella maniera opportuna anche da Massimo Moratti. Alcuni giocatori hanno finito con il calcio ad alto livello, rinnovare i loro contratti solo per alcune, sporadiche, buone prestazioni, significherebbe consegnarsi in toto all’inesorabile incedere del tempo. In certi casi, soprattutto quando in ballo ci sono i risultati, la gratitudine per quello che è stato può passare in secondo piano. Nonostante la sconfitta, posso dire di aver apprezzato la prestazione del Napoli all’Allianz Arena. Mi è piaciuta la spavalda voglia di dimostrare di non essere capitati lì per caso, e sotto di tre gol in una bolgia simile non era assolutamente facile. I due gol di Fernandez hanno significato molto di più rispetto a quanto si voglia lasciar intendere. Non lascerà alcuno strascico, come è ovvio che sia, il pareggio del Milan in Bielorussia. I rossoneri non vinceranno la Champions League, ma hanno tutte le carte in regola per dare fastidio a chiunque avrà la sventura di trovarli sulla propria strada. Del resto, in campionato non ci metteranno molto ad imporre i loro ritmi e la loro leadership, di conseguenza potranno concentrarsi nella maniera più opportuna sugli impegni continentali. Chiudo con la Juventus, in testa al campionato e non per caso. Il successo di San Siro ha dato ragione a chi, come me, ha sempre sostenuto la basilare importanza del carattere e del Dna prima ancora che degli schemi e dell’impostazione tattica. Antonio Conte, partite come quella di sabato sera, le ha giocate e vinte per vent’anni. Non può certo essersi dimenticato come si fa, anzi, ha già condiviso la sua esperienza con un gruppo affamato e che potrà certamente togliersi buone soddisfazioni già da quest’anno.
La Redazione
A.S.
Fonte: Luciano Moggi per Tuttomercatoweb
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