Il tabù ha resistito. Sette confronti con la Croazia, una sola vittoria azzurra (nel 1942!). Ma, ora, se le cose andranno come devono andare, la Spagna batterà la Croazia, l’Italia batterà l’Irlanda (già fuori dall’Europeo) e passeranno ai quarti spagnoli e italiani. Si fa un gran parlare, tra noi, di un possibile “biscotto” nell’ultimo match del girone fra Spagna e Croazia (un 2-2 che eliminerebbe ogni chance italiana), ma siamo proprio noi il Paese più biscottato del football tra grandi scandali, partite taroccate, calcioscommesse, arresti, totonero e via dicendo. La Spagna campione d’Europa e del mondo non farà nessun “biscotto”. Il gioco e la mentalità tesi sempre a vincere glielo impedirebbero. La “combine” sarebbe troppo evidente e da campioni del mondo non possono sputtanarsi. Difficile, dunque, che si verifichino “due feriti e un morto” secondo l’aggiornata arguzia di Buffon (l’Italia nella parte del morto).
Intanto, la nazionale azzurra non scalda i cuori. E’ una squadra che non ha gioco, ha difficoltà a segnare, non riesce a imporre la sua manovra e dopo un’ora ammaina le vele. La caratura e l’esperienza internazionale di molti elementi è modesta. Questo è il vero limite al di là dei moduli di gioco e della condizione atletica.
Alla vigilia dell’Europeo, dopo tre sconfitte consecutive in altrettante amichevoli (senza segnare un gol), Prandelli ha abbandonato il 4-3-1-2, fra l’altro non trovando né in Thiago Motta né in Montolivo il trequartista decisivo, e ha improvvisato un 3-5-2 in cui però gli mancano gli esterni di grande livello (i limiti di Maggio e soprattutto di Giaccherini, riserva nella Juve, sono noti). Col 3-5-2 gli esterni sono decisivi nel doppio compito di attaccare e coprire. In due partite l’Italia non ha mai spinto sulla fasce, gli esterni non sono mai arrivati a fondo campo per il cross più insidioso (qualche tentativo di Maggio) e, in fase difensiva, sono apparsi inconsistenti. C’è più di un rimpianto per non avere portato Pepe, più ficcante sulle fasce.
Nella difesa a tre, senza Barzagli infortunato, l’arretramento di De Rossi, centrale fra Bonucci e Chiellini, è un ripiego che non rende impenetrabile il reparto arretrato e sottrae De Rossi al centrocampo, nel vivo del gioco e nel suo ruolo naturale.
S’era pur detto che contro la Croazia sarebbe stato opportuno schierare una formazione ben ritoccata rispetto a quella del pareggio con la Spagna inserendo elementi di combattimento, Balzaretti e Nocerino, per esempio, e contro gli stangoni della difesa croata i “piccoletti” Giovinco e Di Natale che li avrebbero messi in difficoltà per il passo più rapido, non solo per le qualità in fase realizzativa. Occorreva soprattutto una formazione più “fresca”, quattro giorni dopo la prima partita e la faticaccia contro la Spagna. E’ vero che l’Italia ha giocato molto (però male) nel primo tempo, ma glielo consentiva la Croazia che restava in attesa, difendendo lo 0-0, il pareggio che cercava e che poi ha trovato per l’errore di Chiellini in marcatura su Mandzukic.
E’ una nazionale mediocre, come mediocre è il nostro campionato che neanche più gli stranieri riescono ad esaltare (i migliori giocano in campionati più ricchi e prestigiosi). Le “colpe” di Prandelli sono relative. Il calcio italiano è questo, ben poca cosa, capace di entusiasmare i campanilismi locali, modesto in campo internazionale, quarto nel ranking europeo (e la posizione sembra molto generosa), dodicesimo in quello mondiale. Prandelli, oltretutto, ha dovuto raccogliere lo “sfascio” del Mondiale 2010 e rifondare la squadra. Evidentemente, manca il materiale tecnico di ricambio per un efficace rilancio.
Con tre partite in otto giorni e la condizione fisica che cala dopo un’ora di gioco sembrava scontato che Prandelli affrontasse la Croazia con una formazione rinnovata senza aspettare i cambi. In ogni caso, è una nazionale che gioca male, non aggredisce gli spazi, non va più in là di tre passaggi consecutivi e quando verticalizza lo fa con i lanci e le aperture di Pirlo che gli attaccanti sfruttano poco, incapaci poi di tenere palla per evitare l’immediato ribaltamento di fronte. All’Italia manca la cattiveria agonistica della Juve e la qualità dei giocatori che nessun club possiede. Siamo stati campioni del mondo sei anni fa in circostanze fortunate e con una gran difesa. La nazionale di Prandelli non ha una grande difesa che è il “piedistallo” tutto italiano, ma indispensabile nella costruzione di ogni squadra senza arrivare al “catenaccio”.
Serve più solidità in difesa e più verve in attacco. Balotelli gioca e tira “a freddo”, non ci mette la passione che lo porterebbe a una maggiore concentrazione, e Cassano riduce la sua partecipazione agli assist senza gli abituali colpi geniali. Dov’è allora l’attacco senza gioco sulle fasce e senza attaccanti pungenti? La fisicità di Balotelli non basta se il ragazzo gioca da fermo e se continua ad avere un precario controllo del pallone.
Per la terza e ultima partita del girone (Italia-Irlanda, lunedì alle 20,45, in contemporanea di Spagna-Croazia) si impone la necessità di far rifiatare quelli che hanno giocato sinora. Con Ogbonna in difesa, insieme a Bonucci e Chiellini, si può “liberare” De Rossi per il centrocampo, in tandem con Pirlo, sostenuti da Marchisio, Balzaretti e Nocerino (Montolivo è sempre la copia sbiadita di se stesso). In avanti, senza addossargli i due pareggi raccolti finora, Balotelli e Cassano devono cedere il passo a Di Natale e Giovinco. La difesa irlandese è ancora più lenta di quella croata e bisogna giocarla in velocità. I due “topolini” ci sanno fare. Di Natale ha lo spunto irresistibile sotto rete e Giovinco ha la balistica del fuoriclasse. Ci vogliamo provare? Ma se avessimo problemi anche contro l’Irlanda, sarebbe giusto tornare a casa.
Intanto, la nazionale azzurra non scalda i cuori. E’ una squadra che non ha gioco, ha difficoltà a segnare, non riesce a imporre la sua manovra e dopo un’ora ammaina le vele. La caratura e l’esperienza internazionale di molti elementi è modesta. Questo è il vero limite al di là dei moduli di gioco e della condizione atletica.
Alla vigilia dell’Europeo, dopo tre sconfitte consecutive in altrettante amichevoli (senza segnare un gol), Prandelli ha abbandonato il 4-3-1-2, fra l’altro non trovando né in Thiago Motta né in Montolivo il trequartista decisivo, e ha improvvisato un 3-5-2 in cui però gli mancano gli esterni di grande livello (i limiti di Maggio e soprattutto di Giaccherini, riserva nella Juve, sono noti). Col 3-5-2 gli esterni sono decisivi nel doppio compito di attaccare e coprire. In due partite l’Italia non ha mai spinto sulla fasce, gli esterni non sono mai arrivati a fondo campo per il cross più insidioso (qualche tentativo di Maggio) e, in fase difensiva, sono apparsi inconsistenti. C’è più di un rimpianto per non avere portato Pepe, più ficcante sulle fasce.
Nella difesa a tre, senza Barzagli infortunato, l’arretramento di De Rossi, centrale fra Bonucci e Chiellini, è un ripiego che non rende impenetrabile il reparto arretrato e sottrae De Rossi al centrocampo, nel vivo del gioco e nel suo ruolo naturale.
S’era pur detto che contro la Croazia sarebbe stato opportuno schierare una formazione ben ritoccata rispetto a quella del pareggio con la Spagna inserendo elementi di combattimento, Balzaretti e Nocerino, per esempio, e contro gli stangoni della difesa croata i “piccoletti” Giovinco e Di Natale che li avrebbero messi in difficoltà per il passo più rapido, non solo per le qualità in fase realizzativa. Occorreva soprattutto una formazione più “fresca”, quattro giorni dopo la prima partita e la faticaccia contro la Spagna. E’ vero che l’Italia ha giocato molto (però male) nel primo tempo, ma glielo consentiva la Croazia che restava in attesa, difendendo lo 0-0, il pareggio che cercava e che poi ha trovato per l’errore di Chiellini in marcatura su Mandzukic.
E’ una nazionale mediocre, come mediocre è il nostro campionato che neanche più gli stranieri riescono ad esaltare (i migliori giocano in campionati più ricchi e prestigiosi). Le “colpe” di Prandelli sono relative. Il calcio italiano è questo, ben poca cosa, capace di entusiasmare i campanilismi locali, modesto in campo internazionale, quarto nel ranking europeo (e la posizione sembra molto generosa), dodicesimo in quello mondiale. Prandelli, oltretutto, ha dovuto raccogliere lo “sfascio” del Mondiale 2010 e rifondare la squadra. Evidentemente, manca il materiale tecnico di ricambio per un efficace rilancio.
Con tre partite in otto giorni e la condizione fisica che cala dopo un’ora di gioco sembrava scontato che Prandelli affrontasse la Croazia con una formazione rinnovata senza aspettare i cambi. In ogni caso, è una nazionale che gioca male, non aggredisce gli spazi, non va più in là di tre passaggi consecutivi e quando verticalizza lo fa con i lanci e le aperture di Pirlo che gli attaccanti sfruttano poco, incapaci poi di tenere palla per evitare l’immediato ribaltamento di fronte. All’Italia manca la cattiveria agonistica della Juve e la qualità dei giocatori che nessun club possiede. Siamo stati campioni del mondo sei anni fa in circostanze fortunate e con una gran difesa. La nazionale di Prandelli non ha una grande difesa che è il “piedistallo” tutto italiano, ma indispensabile nella costruzione di ogni squadra senza arrivare al “catenaccio”.
Serve più solidità in difesa e più verve in attacco. Balotelli gioca e tira “a freddo”, non ci mette la passione che lo porterebbe a una maggiore concentrazione, e Cassano riduce la sua partecipazione agli assist senza gli abituali colpi geniali. Dov’è allora l’attacco senza gioco sulle fasce e senza attaccanti pungenti? La fisicità di Balotelli non basta se il ragazzo gioca da fermo e se continua ad avere un precario controllo del pallone.
Per la terza e ultima partita del girone (Italia-Irlanda, lunedì alle 20,45, in contemporanea di Spagna-Croazia) si impone la necessità di far rifiatare quelli che hanno giocato sinora. Con Ogbonna in difesa, insieme a Bonucci e Chiellini, si può “liberare” De Rossi per il centrocampo, in tandem con Pirlo, sostenuti da Marchisio, Balzaretti e Nocerino (Montolivo è sempre la copia sbiadita di se stesso). In avanti, senza addossargli i due pareggi raccolti finora, Balotelli e Cassano devono cedere il passo a Di Natale e Giovinco. La difesa irlandese è ancora più lenta di quella croata e bisogna giocarla in velocità. I due “topolini” ci sanno fare. Di Natale ha lo spunto irresistibile sotto rete e Giovinco ha la balistica del fuoriclasse. Ci vogliamo provare? Ma se avessimo problemi anche contro l’Irlanda, sarebbe giusto tornare a casa.
Fonte: Il Napolista.it
La Redazione
M.V.
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