Il Napoli viene da una serie negativa di quattro gare senza vittorie, e in queste settimane non sono mancati fra i critici osservazioni e appunti tattici sulle scelte di Mazzarri. Al di là delle soluzioni specifiche, che a parole sono un conto e nei fatti un altro, è piuttosto diffusa l’idea che la disposizione in campo della squadra azzurra sia in un certo senso diventata datata. Le ultime due uscite a Marassi e Fuorigrotta contro Genoa e Cesena hanno qualcosa in comune: sessanta minuti di buio e impotenza, ultima mezzora di gioco in ripresa netta, ma sterile. L’anno scorso – si ricorda spesso – al Napoli negli ultimi minuti andava sempre di lusso. La tattica delle variazioni di ritmo e aggressività era incredibilmente fruttuosa, e le frazioni conclusive di gara terminavano quasi sempre a lieto fine. Talvolta inoltre, per sorprendere gli avversari, Mazzarri tentava un’inversione di intensità, giocando al meglio i primi minuti e poi conservando il vantaggio: proprio a Marassi col Genoa l’anno scorso vinse 1-0 con un gol nei minuti iniziali, poi blindato con un po’ di fatica ma con ottimo spirito di sacrificio. Quest’anno, un dato di fatto è che il Napoli corre un po’ di meno. Tolti i soliti uruguaiani dal cuore e dai polmoni enormi, Hamsik e compagni appaiono a tratti svogliati. Quest’anno, inoltre, le galoppate di Maggio non sono più letali com’erano una volta, mentre i cross di Dossena sembrano telefonate abitudinarie fra fidanzati con i portieri rivali. Mancando dinamismo ed efficacia, le ali forse non sono un cavallo su cui puntare ancora in questa fase del campionato, per le sortite offensive, a meno che non si punti su Zuniga e lo si trovi in giornata di grazia.
La partita di Marassi e quella contro il Cesena hanno un altro aspetto in comune: la crescita finale è scaturita in entrambi i casi da un cambio di assetto, ovvero il passaggio dalla difesa a tre a quella a quattro elementi. Non che la difesa napoletana in sé abbia oggi disperato bisogno di un supporto. Resta il fatto che qualche sbandamento di troppo si è visto, e con un giocatore in più risulta maggior copertura ai lati, e inoltre le azioni di gioco partono con più ampiezza. Ma il punto è un altro: la difesa a quattro, privandosi di uno dei tre centrali, concederebbe un uomo in più dal centrocampo in su, uomo che però piuttosto che arredare il reparto offensivo già ben assortito, farebbe molto comodo in mezzo al campo. Gokhan Inler non è quello dell’Udinese, e nel Napoli arranca: calo di forma, problema psicologico? Tutto può essere, come può essere che soffra un po’ di solitudine. Gargano si fa in quattro ma la compagnia di quattro cloni tutti uguali pare non bastare al playmaker svizzero. Forse servirebbe un terzo elemento, come non ci si stanca mai di ripetere in questa rubrica: le soluzioni sarebbero diverse, a partire da Dzemaili, che i piedi buoni e la corsa li ha entrambi, fino all’arretramento di Hamsik, che ancor meglio potrebbe fungere da anello di congiunzione – ravvicinato e molto mobile – fra i due di centrocampo e i due, Pandev e Lavezzi, che agiscono dietro Cavani. Una sorta di 4-2-1-2-1, se vogliamo giocare coi numeri. Ma combinazioni a parte, qui non si tratta più di speculare, perché le nostre analisi fatte già qualche settimana fa in via preventiva hanno avuto ormai doppia contoprova, ovvero proprio i secondi tempi delle ultime gare: il Napoli quest’anno ha bisogno di rinunciare alla difesa a tre.
A questo punto sembra condividerlo anche Mazzarri, eppure un dubbio forte resta: per quale ragione occorrerebbe autolimitarsi e concedersi lo schieramento più efficace solo nell’ultima mezzora di gioco? Perché non cominciare così?
Domenica la situazione è delicata: si va a San Siro dove il Milan è ostile almeno quanto il clima. L’andata è stata un trionfo per i tifosi napoletani, e il trend finora vuole che il Napoli si esprima meglio fuori casa, e con le big sia devastante. Ma le big le ha affrontate anche nel suo momento migliore, e come spesso è accaduto ha vinto soprattutto con il carattere e la forza atletica. Se il Napoli di adesso è quello molle che si è visto troppo spesso, le speranze sono poche di ripetere l’exploit del San Paolo. Il Milan è una squadra sorniona, a cui piace giochicchiare con il pallone fra i piedi. Se non aggredito, arriva senza problemi fino in fondo, e nei metri finali fa male. Se pressato e attaccato, invece, può andare in tilt. La difesa rossonera non è impenetrabile come i nomi altisonanti dei suoi difensori lascerebbero credere. Il centrocampo, tolto Seedorf, con Boateng ai box non è certo dotato di piedi sopraffini. Il problema è non far arrivare troppi palloni ai campioni di cui Allegri dispone in attacco: occorrerà uno sforzo triplo e mantenere il ritmo elevato dall’inizio alla fine. Magari con astuzia, conservando le energie per rifiatare quando possibile. Sprecando pochi palloni, architettando con precisione i passaggi, giocando con concentrazione, in modo da non consumare forze inutili. E perché no, tornare a sfruttare la vecchia arma del contropiede, che contro i top-team resta sempre un prezioso asso nella manica.
Ecco le probabili formazioni:
Lorenzo Licciardi
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