L’incipit è degno del miglior Cassano. Entra, anzi è il caso di dire irrompe nell’ufficio stampa di Milanello, saluta il cronista e lo prende in contropiede. «Guarda che io sono d’accordo con te, Pato è un grandissimo. Io gliel’ho detto e gli ho anche chiesto di autografarmi la maglietta. Lui è il giovane più forte in circolazione, nel mondo viene dopo un altro per il quale ho un debole, parlo di Messi, naturalmente». Ecco, questo è Antonio Cassano, si capisce anche da qui che è proprio in forma. Invece di giocare in difesa come molti suoi colleghi va all’attacco, sa che l’argomento, la competizione con Pato, è iscritto all’ordine del giorno e va subito al sodo. «Vedi, io vado contro il mio interesse, lo dico in modo aperto perché non vivo d’invidia, grazie al cielo. Eppoi avete visto a Verona? Gli sono saltato sulle spalle perché Pato ci ha salvato la domenica» aggiunge col ghigno del marpione, consapevole d’aver rotto gli argini e dato il via a una delle pittoresche interviste della sua collezione.
Scusa, Cassano, ma stai cambiando ruolo: sei diventato l’agente di Pato?
«Io e lui siamo diversi, molto diversi. Nel carattere, per esempio: io sono un vulcano, lui un introverso. Nel calcio: io entro in area e cerco il mio compagno piazzato meglio, lui entra in area e cerca la porta ma non è in discussione il talento immenso».
Anche Gattuso sostiene che ormai lui ha fallito come tutor di Cassano…
«Adesso sono io che lo devo rinchiudere in un manicomio! Io lo giustifico Rino: ci può stare quella reazione. Piuttosto è stato trascurato l’atteggiamento della panchina inglese. Pensate: continuavano a ripetere a Thiago Silva, non sei in piscina».
Occupiamoci dell’attualità: come sarà Milan-Napoli?
«Il destino è nelle nostre mani. Se facciamo bene il nostro lavoro, vinciamo perché siamo la squadra più forte e quella da battere, in Italia».
Mancare un appuntamento così per Cassano non è il massimo…
«Io sono tranquillo e sereno. So che se dovessi giocare, dovrei dare il 110%. Se toccherà a Pato, sarò felice per lui».
Sempre convinto d’aver fatto la scelta giusta a gennaio?
«Naturalmente. Avevo in testa un solo obiettivo: rimettermi in gioco e non potevo che farlo in un grande club come il Milan. Quando ero fuori dal Milan, sentivo spesso parlare di questo club come di una famiglia e mi chiedevo: ma che vuol dire famiglia? Bene, l’ho capito arrivando a Milanello. Qui tutti, dal presidente Berlusconi al magazziniere, ti salutano, ti accolgono con un sorriso, ti chiedono se possono fare qualcosa per te».
Chiusa la ferita Samp?
«Continuerò ad avere nel cuore la squadra e i suoi tifosi, hanno dato una svolta alla mia vita privata e alla mia carriera. Quattro mesi dopo il fattaccio posso dirlo: pagherei di tasca mia per non commettere quell’errore. Mi piange il cuore e sai perché? Perché ho ferito e deluso il presidente Garrone che aveva investito affetto paterno nei miei confronti».
Ma è vero che c’è ancora qualche dettaglio non rivelato?
«Purtroppo no. A questo punto posso aggiungere un vecchio proverbio pugliese: sotto la pianta di un errore è cresciuto un fiore meraviglioso».
A giudicare dalla Champions il Milan è più competitivo in campionato: condividi?
«Anche secondo me è così. E tra un anno, quando ci sarò anche io in Champions, sarà un’altra musica. Ma a San Siro ci è andata male col Tottenham, quel risultato è bugiardo: ce la possiamo ancora fare».
L’intesa con Ibra funziona alla grande: è nata in modo spontaneo?
«Anche questa è una leggenda metropolitana. E cioè che Ibra se la prenda solo con Pato e gli riserva qualche cicchetto di troppo. E invece no. L’ha fatto con Seedorf che non è proprio un ragazzino, lo fa con tutti perché da tutti, oltre che da se stesso, pretende il massimo. Succedeva anche a me alla Samp: rimproveravo tutti. Ibra invece è andato a cercarlo a Verona per festeggiarlo, dopo il gol ed è il primo a dispensare consigli».
Passiamo al Napoli: cosa pensi di Mazzarri?
«A livello tattico è un fenomeno. Prepara ogni partita in modo incredibile, 24 ore su 24 è concentrato sul calcio, sempre sul pezzo. É un fenomeno dal punta di vista professionale e mi fermo qui».
Si racconta che siano stati i giudizi di Mazzarri a convincere Lippi ad ignorare Cassano per il mondiale…
«Con Mazzarri, a Genova, ho avuto un buon rapporto. Spesso mi telefonava anche a casa, quindi c’erano contatti fuori da Bogliasco. Se lo conosco bene, lui sta pensando di venire a Milano e di vincere la partita. Avete sentito cosa ha detto? Dobbiamo preparare 12 finali, lui crede ciecamente allo scudetto. E si organizzerà per attaccarci sui lati e per sorprenderci con le ripartenze».
Cavani vale Ibra?
«Nei tre precedenti anni di Palermo, la sua media-gol è stata di 12 gol a stagione, ha avuto questo exploit, Ibra è un’altra cosa. Ve li ricordate i 24 gol di Protti col Bari?».
Possiamo sapere qual è il peso di Cassano?
«Il peso non lo dico nemmeno sotto tortura, posso dirvi solo che ho perso 3 chili da quando sono arrivato a Milanello. Ne ho parlato qualche giorno fa con Allegri. Mi ha chiesto: come ti senti? Gli ho risposto: stanco. E ho aggiunto: naturale per 12 anni non ho fatto un… E lui ha commentato: bravo, bischero! Adesso l’ho capito: ho reso solo il 50-60% del mio potenziale, mi è mancata la cultura del lavoro».
Riesce ad orientarsi meglio a Milano?
«Neanche per idea. Se vado al ristorante che è distante 100 metri da casa, ho bisogno del tom tom».
Patisce la pressione della grande squadra?
«La pressione me la misura il dottore».
Vuole puntare al Pallone d’Oro?
«Io voglio vincere qualche titolo. E poi, scusate, con Messi e Cristiano Ronaldo, dove andiamo col Pallone d’oro?»
A proposito di fuoriclasse, qual è stato il più grande con cui ha giocato?
«Sul mio podio ci sono Ronaldo, Zidane e poi Totti e Ibra a pari merito».
Che regalo vorrebbe fare al presidente Berlusconi?
«Un gol nel derby».
Fonte: Il Giornale
S.D.