Quattrocento giorni. Tanto basta – un anno o poco più – per cambiarti la vita. Dal San Paolo al Nuevo Ganzabal, dalla Champions League alla terza divisione spagnola, dal paradiso all’inferno. Questa è l’Odissea di Miguel Perez Cuesta, per tutti Michu da quando è poco più di un bambino; forse, oggi, il suo nome intero farebbe meno effetto a chi si ritroverà contro in tercera division un attaccante che solo due anni fa lasciava a bocca aperta mezza Premier League.
Ve lo ricordate? Michu arriva allo Swansea dal Rayo Vallecano, dopo un’annata magica da assoluto protagonista. Uno spagnolo in Inghilterra, niente male, funziona: addirittura 18 gol nella sua prima annata in Premier, un club intero ai suoi piedi, gli occhi delle grandi d’Inghilterra. “Vale almeno 30 milioni di sterline, non lo lascerò partire per un penny in meno”, parola di Jenkins, presidente dello Swansea che si coccola quell’attaccante spagnolo capace di fare la prima o la seconda punta senza differenze. Non fosse che la caviglia lo tormenta: nella stagione successiva Michu non è più lo stesso, spesso è costretto a restare fuori, gioca poco e segna ancor meno.
Ma negli occhi di molti sono rimasti quei colpi da giocatore vero. Anche di Rafa Benitez, cui manca un jolly in attacco per il suo Napoli: sì, Michu è l’uomo giusto, una scommessa in prestito e poi si vedrà. Da quella notte del preliminare Champions contro l’Athletic Bilbao al San Paolo inizia l’incubo. Perché in dieci minuti, sul piede di Michu capita la palla della partita per vincere. La sbaglia, a pochi metri dalla porta, 1-1 e l’inferno del San Mamés che condannerà poi il Napoli. E lui? Un desaparecido totale. La caviglia continua a tormentarlo, torna allo Swansea dove Monk assicura che non giocherà più perché da quell’infortunio Michu non si è mai ripreso.
E allora le offerte non mancano, tra prestiti in Premier League e qualcuno che lo chiama per rilanciarsi in Liga. Michu, a sorpresa, rifiuta: “No, grazie. Non sono in condizione di giocare”. Meglio un’esperienza per rimettersi in piedi davvero di un contratto qualsiasi per guadagnare: addio allo Swansea pochi giorni fa, risoluzione consensuale e… la chiamata del fratello, Hernan Perez. Allena l’Union Popular de Langreo, nelle Asturie, terza divisione. Non certo livelli da Premier League, insomma. Ma Michu è fatto così, ragiona col cuore. Firma, ritrova il sorriso e a soli 29 anni si rimette in gioco dal basso, in una categoria dove è già stato protagonista… 12 anni fa. “Deve sentirsi un atleta, è un problema mentale prima ancora che fisico. Ci lavoreremo insieme. E se qualcuno lo chiamerà da categorie superiori lo lasceremo andare: ne sono convinto, non lo dico perché è mio fratello”, assicura Hernan Perez. Se un anno fa gli avessero detto di ritrovarsi Michu come attaccante, forse, sarebbe scoppiato a ridere. Intanto studia gli schemi per farlo debuttare al Nuevo Ganzabal, palcoscenico del Langreo: quattromila posti, non proprio gli ottantamila del San Paolo di un anno fa. Perché bastano quattrocento giorni a rivoluzionarti la vita.
Fonte: gianlucadimarzio.com
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