Il 17 giugno del 1970, allo stadio Azteca di Città del Messico, andava in scena la semifinale mondiale tra Italia e Germania. Il 4-3 con cui gli azzurri si imposero dopo i tempi supplementari è diventato un pilastro della storia del calcio, azzurro e non solo, e ha finito per diventare una pagina di storia italiana anche fuori dal rettangolo verde. Quella notte andò in onda in mondovisione, più che una partita, La Partita, come scrissero i messicani nella targa apposta allo stadio. Quella notte all’Azteca trionfò l’epica del calcio mentre a 10 mila km a Est un Paese, l’Italia, riscopriva l’orgoglio nazionale. Anche chi non è appassionato di calcio ha finito per imparare a memoria l’azione che al 111′ di un interminabile duello ha consentito a Gianni Rivera di realizzare la rete decisiva. Undici passaggi azzurri, Boninsegna centra da sinistra per Rivera che piazza il pallone con un rasoterra chirurgico e coglie in controtempo il portiere tedesco Sepp Maier. Cala il sipario e dopo 2 ore di emozioni, l’Italia torna in finale ai Mondiali dopo 32 anni e sfida il Brasile. Contro Pelé, però, niente da fare. La Selecao vince 4-1.
Messico 1970 Da un lato Juanito, prima mascotte con fattezze umane, dall’altro Pele’, alla sua terza vittoria in un Mondiale. Nel mezzo un campionato del mondo giocato a oltre 2.000 metri d’altitudine, la semifinale tra Italia e Germania passata alla storia come la ‘partita del secolo’, il primo pallone firmato Adidas e l’ultimo campionato a chiamarsi ‘Coppa del mondo Jules Rimet’. Tutto questo e’ Messico 1970, nona edizione del campionato mondiale di calcio. Dopo le Olimpiadi del 1968, il Messico ospita anche il Mondiale ed è la prima volta per un Paese della Concacaf, nata soltanto nel 1961. La tv gioca un ruolo importante in quell’edizione aprendo così la strada a Mondiali sempre più a uso e consumo del piccolo schermo. La Tsm – Telesistema Mexicana – compra per 1,6 milioni di dollari i diritti dalla Fifa e li rivende per 2,1 milioni di dollari in Europa. Persino il pallone ufficiale è pensato per la tv. Sui campi di Messico 70, infatti, la novità è Telstar, firmata Adidas, il primo di molti palloni con 12 pentagoni neri e 20 esagoni bianchi in pelle. Questo lo rende la palla più rotonda del suo tempo, ma anche la più telegenica grazie a quell’alternarsi di bianco e nero. Una delle icone di Messico 1970 è lo stadio Atzeca di Città del Messico. Costruito per le Olimpiadi del 1968, viene inaugurato il 29 maggio del 1966 con un’amichevole fra il locale Club America e il Torino. E poi c’è Juanito, il piccolo messicano mascotte della competizione. Dal 1966 ogni edizione del Mondiale ha la sua mascotte e Juanito, con tanto di sombrero, inaugura il filone di quelle con sembianze umane che ritroveremo anche nelle successive due edizioni: Tip e Tap per Germania Ovest 1974 e Gauchito per Argentina 1978. Tra le curiosità consegnate agli almanacchi: 95 gol segnati nelle 32 partite giocate tra il 31 maggio e il 21 giugno, con una media di 3 reti a incontro, 58 cartellini gialli e nessuno rosso. Novita’ anche sul fronte delle regole. E’ il primo Mondiale in cui gli arbitri possono decidere di tirare fuori due cartellini colorati, il giallo per l’ammonizione, il rosso per l’espulsione, ed è anche il primo in cui gli allenatori possono fare due sostituzioni. Se la Germania si ferma in semifinale grazie all’impresa degli azzurri di Valcareggi, porta però a casa il titolo di miglior marcatore con Gerd Mueller, autore di ben 10 reti davanti al brasiliano Jairzinho con 7. Poi, Messico 70 è il Mondiale di Pele’ che, battendo in finale l’Italia, vince il suo terzo titolo, dopo quello in Svezia nel 1958 e in Cile nel 1962. “Nel 1970 ero – racconta in un’intervista rilasciata nel 2014 a Fifa.com – al culmine. Avevamo una grande squadra ed è stata la mia ultima Coppa del Mondo. Ma se lo paragono al primo, quando non avevo alcuna esperienza, devo dire che il Messico è stato più duro. Abbiamo avuto una squadra fantastica e tutti si aspettavano che vincessimo, il che mi ha dato la scossa. Ero molto nervoso e molto sotto pressione. Forse la gente ha dimenticato, ma la situazione politica in Brasile non era buona e sentivamo che dovevamo semplicemente vincere il titolo. Questa era la differenza”. La partita nell’immaginario collettivo Italia-Germania 4-3 è stata raccontata negli anni da film, spettacoli teatrali, libri, resta però soprattutto un ricordo di gioia e follia collettiva, la prima per gli italiani dopo la guerra, di emozioni inaspettate che arrivavano in bianco e nero dal Messico. Nel 2001 Nando Dalla Chiesa pubblicò un libro dal titolo “La partita del secolo”, nel quale si va oltre l’evento puramente sportivo e si abbracciano le tematiche del periodo storico, sospeso fra la fine dei favolosi anni ’60 e l’inizio dei ’70. Dalla rivoluzione culturale e giovanile alle grandi tensioni politiche e rivoluzionarie di un Paese che prova a superare un altro step. “La partita del secolo. Storia di Italia-Germania 4-3”, è la storia – come recita il sommario – di una generazione che andò all’attacco e vinse (quella volta). Il 50/o anniversario di Italia-Germania 4-3 viene celebrato da pubblicazioni che stimolano i ricordi, regalando un viaggio a ritroso su come eravamo e poi farci capire come (o cosa) siamo diventati. Il giornalista Maurizio Crosetti, pubblica “4 a 3:Italia-Germania 1970, la partita del secolo”, mentre l’ex primavoce di Tutto il calcio minuto per minuto, Riccardo Cucchi, rilancia con “La partita del secolo. Storia, mito e protagonisti di Italia-Germania 4-3”. Roberto Brambilla e Alberto Facchinetti, propongono il volume: “Quattro a tre”, che dice tutto. Umberto Marino portò la partita del secolo sul palcoscenico di un teatro, con la piece intitolata “Italia-Germania 4 a 3”. La commedia ebbe grande successo grazie anche alla trasposizione cinematografica del 1990 di Andrea Barzini, con l’interpretazione di Massimo Ghini, Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Cederna e Nancy Brilli. Il film narra di tre ex compagni di scuola e di bravate sessantottesche che si ritrovano dopo un ventennio nella villa della moglie di uno di loro, Giulia, per una rimpatriata in occasione della replica tv di Italia-Germania 4-3. Un come eravamo del come eravamo, pieno di ricordi e sogni infranti, che ruotano attorno a una partita di calcio, la Partita di calcio.
fonte: rainews.it
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