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Mertens: ”Napoli, è un’ottima annata. Città fantastica, tifosi unici, possiamo essere grandi tra i grandi!”

La classe non è acqua: ma pennellate d’autore impresse su tela, capolavori fiamminghi esposti per catturar gli esteti, olio che scivola e resta lì, per incantar. La classe è arte allo stato puro, son passi di danza e prodezze che restano: e in quella espressione lieve, nelle fattezze di piccoli prodigi, c’è la felicità che germoglia. C’è vita su Mertens ed è un gran bel vivere, a velocità terrificante, su una giostra teneramente folle che trascina in una dimensione favolistica da dominar con maestria: «Questa è una città meravigliosa, ideale per il calcio e per vincere. E’ stata un’annata straordinaria e ora viene il Mondiale: Spagna favorita; poi Argentina e Brasile; ma attenti al Belgio». Ma certo che c’è vita su Mertens, c’è un desiderio umanissimo di stupire, c’è il richiamo delle emozioni da attraversare, c’è Napoli e c’è adesso il Mondo che guarda: ci sono nove mesi che restano tatuati sulla pelle, forse nell’anima, una Coppa Italia, un terzo posto, tracce d’ottimismo per quel che sarà il futuro, da vivere (anche) su Mertens.
Mertens, ricorda i suoi primi giorni italiani a Dimaro?
«Certo che sì. E riemerge, ora, un particolare: Benitez aveva appena rilasciato un’intervista nella quale s’era sbilanciato su Callejon, prevedendo per lui da 15 a 20 gol. Il giorno dopo tocca a me e un suo collega mi fece una domanda: a lei, Dries? Dissi che sarei arrivato, mi sarebbe piaciuto, tra i 10 e i 15. Finita la conferenza stampa, quel giornalista mi venne vicino e in inglese mi disse: buona fortuna».
Beh, voleva essere una precauzione
«Però io sentivo che ero ad una svolta. Avvertivo su di me il peso di quest’esperienza ma anche gli influssi positivi. Posso dire di avere avuto ragione».
Dica altro ancora, ormai è finita.
«Prima cosa: vogliamo arrivare a cento gol. Seconda: vorremmo vincere per arrivare a 78 punti; però siamo consapevoli della forza del Verona, che ha fatto tanto bene. Terza cosa: è stata un’annata meravigliosa, mi creda».
Perché, viene da chiedere…
«Perché abbiamo vinto la Coppa Italia e non era semplice: nel nostro percorso ci sono state avversarie di qualità, la semifinale con la Roma è stata elettrizzante e la finale con la Fiorentina bellissima in campo e vissuta con uno stato d’animo particolare. Siamo riusciti a centrare la qualificazione ai preliminari di Champions, che ora sembra un dettaglio ma che è rappresenta un traguardo. E infine aver allestito una squadra che abbia avuto sempre il desiderio, neanche tanto nascosto, di divertire».
Nel Paese in cui vince chi subisce un gol in meno, avete importato la teoria del meglio un gol in più (anche rischiando di perdere).
«Abbiamo regalato soddisfazioni alla gente, che mi sembra sia uscita spesso dallo stadio soddisfatta. Abbiamo tentato di sedurre attraverso il gioco. Intanto, complimenti alla Juventus: chi fa cento punti, ha il diritto di vedere i propri meriti riconosciuti anche dagli avversari. Ma noi abbiamo possiamo essere fieri di quello che abbiamo realizzato e del modo in cui l’abbiamo fatto, siamo stati battuti solo da chi ha viaggiato a ritmi da record».
Cos’è stata l’Italia – e Napoli in particolare – per lei?
«Un esame rilevante. Quando sono arrivato, i timori c’erano, soprattutto in Belgio: al Psv giocavo sempre, qui c’era il rischio di farlo di meno, e nell’ottica degli impegni con la Nazionale, la preoccupazione la coglievo. Ora invece mi accorgo che per la critica, per chi ha osservato la nostra stagione, per chi ha notato ciò che ho realizzato, mi viene riconosciuto un ruolo più autorevole: come se fossi diventato più importante, per aver maturato in un calcio così evoluto conoscenze nuove e per averlo fatto con autorevolezza. Devo tanto al Napoli e a Benitez per questi attestati di stima».
Il Belgio è una bella mina vagante.
«Siamo giovani e forse anche forti, ma questo è giusto lo dica il campo e non io. Abbiamo voglia di stupire: siamo in un girone nel quale possiamo farcela….».
L’ha detto a Ghoulam, questa?
«Non glielo dica, via…».
Vabbé, la perdonerà.
«Una Nazionale di buoni giocatori deve avere la consapevolezza dei propri mezzi. L’unico suggerimento che mi sento di dare ai miei compagni ed a me è di tenere i piedi per terra. Però non ci mancano i mezzi per stupire: lo dicono in tanti, noi dobbiamo confermarlo. Sarà un Mondiale entusiasmante, se la Spagna si mette a palleggiare diventa durissima per chiunque; poi alle spalle vedo Argentina e Brasile. Ma inserisca anche il Belgio tra le protagoniste, le conviene…».
Torniamo a lei e alla sua stagione: il gol più bello?
«Esteticamente quello alla Lazio, il siluro all’incrocio dei pali. Ma sono legato a quelli con la Fiorentina: il primo in assoluto con la maglia del Napoli è arrivato a Firenze, quello più pesante è della finale di coppa Italia. Stavamo soffrendo, mancava poco, avevamo appena rischiato il pareggio e ho avuto il privilegio di chiudere la sfida. Per me resta indimenticabile, anche se inseguo altri successi».
Napoli per Mertens è…?
«Il luogo ideale in cui giocare al calcio, una città meravigliosa in cui in ogni angolo si avverte la passione della gente verso i propri calciatori, un mondo incantato in cui vincere. Io non ne avevo idea, credetemi. E questa squadra che li ha aiutati a sognare: avere voglia di segnare sempre, di segnare tanto, ha alimentato l’allegria».
Pressione alta…
«E’ ovunque così. E’ importante essere maturi al punto giusto per riuscire a sopportarla; saper essere sempre molto concentrati; avere conoscenza dei propri limiti ma anche dei pregi. Siamo una squadra forte, che attraverso una serie di innesti lo diventerà ancora di più: abbiamo costruito tantissimo, eravamo in molti ad essere nuovi, a cominciare dall’allenatore; si è cambiato il sistema; siamo stati sfortunati in alcuni momenti-chiave, perché ci sono mancati per infortunio elementi di spicco. Gli episodi non ci hanno sempre favorito, però se fate il conto c’è da essere soddisfatti per quello che abbiamo colto ed ottimisti per quello che si potrà realizzare. Qui ci sono le condizioni per restare grandi tra le grandi. Non s’era mai visto in precedenza: fuori con dodici punti nel girone di Champions League. E tutto per un solo gol. Noi che ne abbiamo segnati novantanove… Non le sembra buffo?».
E’ quello il giorno da cancellare?
«Fu una vera sofferenza, perché non meritavamo di essere esclusi; così come non lo avrebbero meritato né il Borussia, né l’Arsenal. In quegli istanti ripensi a tutte le partite, ai dettagli, alle occasioni sprecate e a quelle concesse: invece, bisogna chiudere il registro e guardare avanti».
Cosa vede all’orizzonte?
«Non mi piace sbilanciarmi, ma so che siamo sulla strada giusta e gran merito di tutto ciò è nelle capacità del club e in quelle di Benitez: esiste un progetto, esiste un Napoli che vuole migliorarsi sempre, che punta molto sul bel gioco per accattivarsi la simpatia di un pubblico straordinario. Pensiamo di aver creato le premesse affinché si possa poi un giorno vincere».
A proposito, ha detto Mihajlovic che voi quattro rappresentavate l’attacco più forte del campionato…
«Se lo dice lui, ch’è stato un grande calciatore ed ora sta dimostrando d’essere anche un ottimo allenatore, allora vuol dire ch’è vero».
Piccoli segreti di Mertens..: l’amico scoperto qua a Napoli?
«Inler m’è stato molto d’aiuto nei primi mesi, quando non conoscevo una sola parola d’italiano. Sempre al mio fianco, a tradurmi. Ma in generale questo è un gruppo unito, in cui ci sono affetti veri. E’ un altro aspetto che spinge a credere in noi».
A proposito, con Benitez quale lingua parlavate?
«Inglese, ma lui ne conosce cinque e dunque gli è tutto facile. Ora ci sbilanciamo pure, entrambi, in italiano».
Parlate (calcisticamente) allo stesso modo.
«In Belgio sono rimasti colpiti dal modo in cui giochiamo ed anche dal mio cambiamento; penso ci sia tanto del suo lavoro, in qusta mia crescita. Mi sembra di essere più forte dell’estate scorsa: forse è una impressione o magari soltanto una sicurezza maggiore».
Il secondo anno quali insidie toglie?
«Molto semplicemente: non ci sarà bisogno di ambientarsi per molti di noi. E poi, visto la bontà dei risultati, penso che resteremo un bel po’: dunque, ci conosceremo sapremo come comportarci, avremo conoscenze dirette di ognuno di noi più spiccate. Io quando sono arrivato ho immediatamente intuito che avrebbe bisogno di un ragionevole periodo per calarmi in questa realtà del tutto nuovo: poi, superate le primissime settimane, le prime giornate di campionato, ho capito e mi sono impossessato della situazione».
Ha capito anche cosa chiede Napoli?
«Ci mancherebbe! Vuole che non lo sappia? E secondo lei io cosa voglio».

Fonte: Corriere dello Sport

 

 

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