NAPOLI – S’era fatta un’idea tutta sua, forse anche colpa del Napoli. L’aveva affrontato con l’Utrecht e il PSV e il livello non gli era sembrato altissimo. C’erano tante riserve in campo e l’atteggiamento non era quello di una squadra forte, che volesse imporre il suo gioco. Vincere davvero. L’Italia non gli pareva il top. Meglio dell’Eredivisie, certo. E pure del campionato russo. Comunque non il massimo. Era stato questo l’approccio di Dries Mertens con la serie A. Deciso tuttavia a lasciare l’Olanda. Convinto che fosse ormai arrivato il momento giusto. Voleva crescere. E il Napoli, quel Napoli che lui aveva maltrattato in Europa con guizzi, dribbling e un gol, gli garantiva tutto quello che cercava: stimoli, gloria e denari.
«Potevo andare in Russia, e c’avevo anche pensato. Poi è arrivata la proposta degli azzurri. L’Italia non era mai stata la mia preferita, pensavo fosse un torneo meno competitivo di altri, ma mi sono dovuto ricredere. Il Napoli era perfetto per me. Giocava la Champions, mi permetteva di guadagnare meglio e di migliorare la mia carriera. Volevo salire un gradino in più» .
CONCORRENZA – Ed eccole allora, le scale del San Paolo. Quelle che a tanti hanno fatto tremare le gambe. Gli applausi il giorno della presentazione, il boato l’ultima volta contro l’Inter. Mertens già idolo. Timido quand’è arrivato, protagonista adesso, titolare di una squadra “allargata”. Benitez l’aveva avvisato subito. Il turn over metodo, filosofia ed esigenza per valorizzare tutto l’organico. La concorrenza è uno stimolo. «Sin dal primo giorno, Benitez è stato chiaro nello spogliatoio. Sapevo quanta stima avesse di me, Callejon e Insigne. Non mi sono mai abbattuto, neanche quando andavo in panchina e all’inizio giocavo poco» . Napoli era nel destino. Sarebbe potuto arrivare due anni prima. Era tra gli eredi designati di Ezequiel Lavezzi. Un’idea concreta. Piaceva a Mazzarri. Poi altre scelte, come spesso accade nel calcio.
SMS – Due anni dopo però eccolo qua: Mertens il primo colpo per Rafa Benitez. L’allenatore che l’ha voluto e gli chiede di tutto, anzi anche di più. Mertens bomber, uomo assist, difensore aggiunto quando serve e di questi tempi emissario di mercato: Veermaelen è suo compagno di nazionale. «Non so quanto volte gliel’ho detto: vieni a Napoli. Benitez mi ha chiesto di convincerlo, ma non è facile. Quando giochi nell’Arsenal è dura andare via. Ci sto provando. Con Benitez farebbe grandi cose. Lui è il miglior allenatore che abbia mai avuto: ha carisma, personalità e cura ogni dettaglio. E’ attento a tutto, anche alla sfera psicologica. Dopo ogni partita ci invia un sms per conoscere qual è il nostro stato d’animo. Si vede che ha allenato grandi squadre» . L’ultimo messaggino l’ha mandato dopo Cagliari. Un pareggio che poteva essere una vittoria. Doveva esserlo. L’obiettivo era quello, vincere e tenere Juve e Roma lì, braccate, a un tiro di schioppo e poi approfittarne dello scontro diretto alla ripresa, il giorno della Befana. Pure Mertens ci ha provato. E’ stata sua l’ultima occasione al Sant’Elia: stop e diagonale di un niente fuori. Uno a uno allora e Natale a casa, in famiglia, tra gli affetti e gli amici, quelli con cui trascorrere un po’ di vacanze e concedersi qualche lusso a tavola. I bilanci di fine anno e di questi primi mesi azzurri li ha fatti invece col portale Sporza.be. Mertens ha raccontato i gol a Fiorentina e Inter e quei cinque assist che sono la sua specialità: ne ha fatti più di cento in carriera. «Sono felice, Napoli è stata la scelta giusta. Quando dal PSV è andato via Mark van Bommel ho capito che s’era chiuso un ciclo. Avevo bisogno di motivazioni diverse e le ho trovate. E’ un anno importante per me e sto dando il massimo» .
Tutto per il Napoli e perciò pure per se stesso. C’è il mondiale, la nazionale da tenersi stretta e una convocazione da meritare. Belgio forse mai così forte come questa volta. Più di quello storico con Ceulemans, Gerets e Pfaff fermato in semifinale di Mexico ’86 solo da Maradona. Una generazione di talenti. «Quando mi capita di rimanere fuori e sedere in panchina tra gente come Vermaelen e Dembele capisco quanto siamo forti» . Panchina e autostima lunga.
LA CURIOSITA’ Era il primo nome della lista di Benitez E’ costato 8,5 milioni – Detto, fatto. Pure perché la condivisione era totale. Primo nome uscito e primo acquisto. La storia è di quest’estate. Liverpool, casa Benitez. Doppia (e lunghissime) riunione di mercato. Sul tavolo patatine fritte, strategie e possibili obiettivi. Dries Mertens in cima a tutte le ipotesi. Benitez lo voleva, Bigon e lo scouting non l’avevano mai mollato. Già due anni prima poteva essere lui l’erede di Lavezzi: pure Mazzarri aveva dato l’ok. La missione fu immediata. Partenza da Roma Fiumicino un lunedì mattina. Bigon atteso ad Eindhoven dal PSV e da Soren Lerby, procuratore e campione di un’altra epoca. Proposta allettante, qualche aggiustamento e affare fatto: 8,5 milioni di euro il prezzo giusto.
LE CARATTERISTICHE Jolly d’attacco specialista in assist e re delle punizioni – Destro di piede che s’è adattato a sinistra e che può però fare il trequartista e la seconda punta. Mertens il jolly, il multiuso d’attacco. Per ogni ruolo e modulo. Perfetto nel 4-2-3-1. Ha corsa, talento e in campo sa trovare la posizione giusta. Gli assist, la sua specalità: più di cento in carriera, 25 il campionato scorso col PSV, già 5 quest’anno. E non è che abbia giocato tantissimo, 939′ totali. Il gol, un’abitudine: 20 un anno fa, due questa stagione contro Fiorentina e Inter, uno al Napoli quand’era all’Utrecht. Il database di Benitez è un ammasso di dati impressionanti. Mertens segna, fa passaggi gol e corre su e giù con percentuali da esterno di una difesa a tre. Colpo particolare: le punizioni. In allenamento è un cecchino. Si aspetta in partita.
Fonte: Corriere dello Sport
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