«La legge sugli stadi può essere un’opportunità ma va migliorata. In generale, comunque, oggi è più sostenibile costruire un impianto ex novo che ristrutturarne uno obsoleto». Ne è convinto l’avvocato Lucio Colantuoni, docente di diritto sportivo all’Università di Milano, arbitro al Tas di Losanna e tra i massimi esperti della materia.
Professore, in Parlamento si sta discutendo delle nuove norme in materia di impiantistica sportiva. Quali sono le prospettive?
«Dopo il via libera della Camera, il provvedimento dovrà ora tornare al Senato perché a Montecitorio è stato oggetto di modifiche. Salvo ulteriori cambiamenti, l’approvazione definitiva potrebbe arrivare in tempi brevi. Si tratta di una legge che punta a colmare il gap accumulato dall’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Europa e del mondo soprattutto in termini di procedure burocratiche».
Cosa non la convince nel testo?
«Occorre un maggiore raccordo tra la normativa nazionale e quelle regionali perché altrimenti ci potrebbero essere problemi di incostituzionalità relativi alle competenze tra Stato ed enti locali. Bisogna altresì limitare l’arbitrarietà nell’assegnazione degli appalti prevedendo procedure di evidenza pubblica e avviare una riflessione sul regime di proprietà e le eventuali conseguenze derivanti dal fallimento delle società sportive».
L’Italia non ha ottenuto l’assegnazione degli Europei di calcio anche a causa dei problemi infrastrutturali. Come ripartire?
«È necessario garantire tempi certi e condizioni appetibili. Altrimenti ogni progetto è destinato a naufragare. Lo stadio della Reggiana, ad esempio, fu progettato per essere utilizzato solo come campo sportivo ed è stato una delle cause del fallimento del club».
Nel disegno di legge c’è una norma che agevola le società sportive nel percorso di costruzione degli impianti. Un limite o un’occasione in più?
«La ratio è prevedere una corsia preferenziale per i club che poi possono inserire nel proprio patrimonio i nuovi stadi. Ma non dimentichiamo che anche con le regole attuali è stato centrato l’obiettivo: penso allo Juventus Stadium con cui è stato raggiunto un buon equilibrio tra le esigenze sportive e quelle commerciali».
Ristrutturare o costruire impianti con fondi pubblici è impensabile?
«Con la crisi economica attuale è una follia. Ecco perché i progetti devono prevedere fonti di reddito per imprenditori e società come ad esempio centri commerciali, parcheggi, merchandising e la possibilità di utilizzare le strutture anche quando non si svolgono le partite».
A Napoli è in atto un’accesa discussione sull’ipotesi di dar vita a un altro impianto accanto al San Paolo. Il suo giudizio?
«Non conosco nei dettagli la questione ma in generale le ristrutturazioni possono determinare maggiori diseconomie, oltre che problemi organizzativi».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
M.V.
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