E ora che i sedicesimi d’Europa sono già nel cellophane , con tanto di fiocco azzurro, si può ricominciare a scaricare un po’ di stress da prestazione, a sorriderci su, a rimettersi una maschera e pensare che la vita è bella pure in trasferta: perché Eindohven è una macchia spazzata via d’incanto, e con essa pure la sculacciata rimediata in Ucraina, in quella regola del tre che stava diventando un incubo, un tormento insostenibile. Sì, viaggiare ha un altro senso ed un altro sapore e la vecchia, cara coppa Uefa restituisce una dimensione (quasi) strepitosa, perché annulla tutto in una notte – quella di Stoccolma – l’ansia creata da recenti disagi apparsi qua e là, a Torino e a Bergamo soprattutto, ed architrave di una statistica divenuta più pesante d’un macigno. Però è fatta, è andata, e quelle due sconfitte rimediate con Psv e Dnipro appartengono alla memoria, incidenti di un percorso che, lontano dal san Paolo, è apparso agevole in avvio e poi via via sempre più complesso.
TRIPLETTA – Uno, due e tre: partendo dalla «Favorita», prima giornata di un campionato da recitare da protagonista, con l’autorevolezza d’una leader; passando poi dal Marassi-bis, uno a zero alla Sampdoria e 4-2 al Genoa in rimonta, tanto per mostrare che c’è un’anima e pure un cuore che batte; ed una fisionomia e reattività, e un Cavani che nei momenti bui riesce ad accendere la luce. Il curriculum vitae di una stagione serve per decifrare le capacità d’una squadra e il Napoli che se ne va in giro lontano dal san Paolo s’è imballato soprattutto nell’ottobre nero – quattro sconfitte sue sei gare – finendo nel tritacarne soprattutto con la complicità di quegli scivoloni «internazionali», amplificatori di difficoltà sopraggiunte in corsa.
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