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Mazzarri sfida il tabù dei nove punti

Nell'era De Laurentiis mai vinti le prime tre gare di campionato

Non c’è due senza tre: eh già, come se fosse facile, un giochino da ragazzi, esprimi un desiderio, alza la testa al cielo e osserva le stelline. Le statistiche, nel loro piccolo, non mentono, e rileggendo il Napoli, partenza dopo partenza, la prova dei nove punti diviene un tabù da abbattere, una sfida nella sfida, uno «sfizietto» da cogliere al volo. Si ricomincia e e si rilegge la storia più recente dal buco della casistica, si riattraversa il passato e si scopre quanto sia complesso riuscire a centrare un tris vincente in abbrivio di stagione, quando i pronostici hanno un valore assai relativo e l’equilibrio regna sovrano: e però, stavolta, ripensando alla leggerezza della «Favorita» ed all’ostinazione mostrata con la Fiorentina, tentar non nuoce. Tutt’altro.

I TITOLARISSIMI – Il Napoli che t’aspetti è un puzzle composto da Mazzarri a palla ferma, nel bel mezzo dell’estate, prima che cominciassero le danze del mercato e i top player divenissero utopia, dopo il completamento dell’organico, avvenuto ricostruendo la formazione dei tenori intorno a Cavani ed Hamsik e però affiancando loro Goran Pandev, promosso a titolarissimo da sistemare o al fianco del matador o tra le linee. Le formazioni restano avvolte nel mistero ma quella «cantilena» è nelle corde del Napoli che, al di là delle fatiche delle Nazionali e dai tempi ristretti per ripassare le lezioncine del 3-4-1-2 a memoria, il metodo-Mazzarri avanza spedito, prevede l’uso abbondante di quello zoccolo duro che da De Sanctis a Cavani prevede il ricorso al modello-base. Un, due, tre: buona la prima e pure la seconda e però adesso c’è il Parma, un’insidia strisciante come un anno fa, un pericolo che incombe, un braccio di ferro persino con i precedenti che spingono sino al 2005-2006 per rimediare un terno secco sulla ruota del Napoli.
IL VUOTO – Dunque, l’ultima volta si perde nei vicoli della memoria: successo in casa dell’Acireale, poi al san Paolo con la Massese e a seguire a Lucca; in panchina c’era Edy Reja, il bomber era Calaiò, ultima stagione nell’inferno della serie C e unica «tripletta» d’avvio per mettere assieme nove punti, prendere coraggio, lustrare l’autostima e godere del panorama con vista d’un primo posto «solido». Poi è stato un esercizio complesso, perché tra serie B e serie A è sicuramente più difficile, perché nella passata stagione, dopo l’exploit di Cesena e quell’interno con il Milan ci fu lo scivolone di Verona in casa del Chievo, figlio d’un turn over per preparare la Champions.
OMBRE CINESI – Pechino è ormai un pallido ricordo, una ferita che è andata rimarginandosi, e Pandev e Dossena sono tornati disponibili e dunque sono lì, insieme agli altri, pronti per dare a Mazzarri la possibilità di andare ad attingere dalla struttura attrezzata per puntare innanzitutto sul campionato: tocca al Napoli 1, senza nulla togliere a chi s’accomoda in panchina, l’onere di andare all’assalto della «terzina» vincente, ipotesi non agevole ma vagheggiata qua e là per dare subito una spallata, per lanciare un messaggio alle concorrenti, per dimostrare che il percorso compiuto assieme ha maturato, aiutando a comprendere e a riconoscere i pericoli avvolti tra le pieghe di partite apparentemente vantaggiose.
Le quarantotto ore che trascinano ancora al san Paolo vengono costruire intorno alla ricostruzione mnemonica dell’anno ch’è stato, ai punti che sono costati la qualificazione in Champions – il pareggio interno con il Catania e però prima, andando a ritroso, la sconfitta con il Parma. E perciò che il timore si coglie nell’area. E anche la fiducia: tre è il numero perfetto per lasciarsi alle spalle i corsi e i ricorsi…
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
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