Mea culpa, mea culpa: e, alla fine d’una sorta di «mattanza», cinque reti e pure un palo subiti dal Viktoria Plzen, dalla «tonnara» esce un altro Mazzarri, la testa cosparsa di cenere e un ghigno che sembra però anche voler dire «io lo sapevo». E però: 4-3-3, 4-2-3-1, un mischione tattico che non rispetta le proprie convinzioni e una conversione verso un calcio strategicamente distante da Mazzarri, dalle proprie capacità organizzative. Le rivoluzioni lasciano segni e persino ferite e in quell’Europa League improvvisamente carica di veleni emerge la traccia per il futuro, che poi è racchiusa nel passato, nel mea culpa che riconsegna al Napoli l’identità da Napoli.
Mazzarri, alla luce delle tre ultime gare, s’è convinto che le conviene restare fedele al suo modulo.
«Ci abbiamo provato e in particolari momenti. Abbiamo ricevuto risposte dal campo che andranno tenute presente in futuro: è vero, ad esempio, che giocando seguendo il sistema a noi più familiare, siamo stati capaci di raccogliere risultati forse superiori alle aspettative. E’ chiaro che si impone una riflessione su questo argomento e sul nostro modo di essere magari ci discosteremo solo a partita in corsa».
Cinque reti dal Viktoria che, con rispetto parlando, sulla carta, vi è inferiori.
«Abbiamo fatto delle scelte e c’è andata male. Soprattutto all’andata, che ha condizionato anche la partita di ritorno. Qui eravamo venuti sapendo di avere pochissime probabilità, ma volevamo provarci: sarebbe servito un gol in avvio, non l’abbiamo trovato ed è arrivato il crollo».
Dalla Champions all’Europa League è tutta un’altra storia.
«Pure in questo caso, bisogna decidersi: e noi ci siamo misurati seguendo una precisa idea, che però non ha dato il risultato sperato. Ora va anche detto che in campionato siamo secondi, con non so neanche quanti in più rispetto all’anno scorso. Stiamo recitando da protagonisti, le dimostrazioni sulla nostra solidità e sulle capacità le abbiamo fornite».
L’ultima rete, all’Olimpico di Roma, è stata di Campagnaro.
«E questo ribadisce che, utilizzando un metodo o dei meccanismi che non ci appartengono, andiamo in difficoltà soprattutto in fase offensiva. Ma si fa fatica anche se tentiamo con iniziative personali. Abbiamo dei codici, li conosciamo, dovremmo seguirli ancora».
Ha dentro più rabbia o più delusione?
«L’amarezza per un responso sulla doppia gara che ci penalizza molto. Rabbia non ne avverto, però quando si viene eliminati, e poi così, il dispiacere è indiscutibile. Volevamo far meglio, non era questo il modo in cui ci volevamo congedare: eravamo partiti consapevoli che sarebbe stato complicatissimo, uno 0-3 interno non viene ribaltato da trent’anni».
Teme contraccolpi verso Udine?
«Abbiamo sempre recuperato la condizione mentale ideale, quando ci siamo imbattuti in momenti complessi. A dicembre riuscimmo a vincere a Siena e quelli non furono giorni semplici da affrontare per noi».
Trovi un aspetto positivo in questa doppia sconfitta…
«Uscire non è un vantaggio. Però se lavoriamo al meglio e siamo al top tanto con la testa, quando con il fisico, allora possiamo restare a certi livelli».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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