La verità è un’opinione che duetta nell’aria tra i partiti popolari del chi resta e del chi parte – equamente divisi – e la domanda che s’insinua spontanea è la più banale, ricorrente, ripetitiva ma inevitabile che si possa avanzare per rimuovere il senso di precarietà diffuso: «Mazzarri, ma cosa fa?». Il mare che bagna Napoli, proprio due passi più in là, trascina con sé le ipotesi più articolate e pure quelle più singolari, e la sentenza rivestita con il fiocco dell’ufficialità è un modo di dire convenzionale che tradisce il pensiero e si rifugia – obbligatoriamente – nel politichese più spinto: «Ho un contratto sino al 2013 e intendo rispettarlo». Il chissà chi lo sa è il giochino di fine anno (calcistico) e in quella Napoli che danza nell’incertezza e s’approvvigiona di ciò che passa il convento, ciò che resta vagli atti è la firma del passato e un interrogativo sul futuro: «Sono sereno, ho le idee chiare e so cosa dire al presidente quando in incontreremo con il presidente nel corso della prossima settimana. Ho fatto le mie valutazioni….».
IL GRANDE VECIO – Il triennio di Mazzarri a Napoli è racchiuso in un volume pregiato in cui spiccano due qualificazioni in Europa League, una stagione da protagonista (persino) in Champions e ora il premio Bearzot, il riconoscimento che va ad arricchire la propria bacheca, piccando l’orgoglio d’un uomo al bivio con il destino: resta o parte, chi può dirlo, però adesso c’è pure quell’«accostamento» al grande vecio che incide nella propria storia professionale. «Mi sento ripagato da anni di sacrificio ed essere avvicinato ad un mito come Berazot mi lascia dentro un senso di gioia, di felicità».
SI DECIDE – Dopodomani sarà un nuovo giorno e sarà possibile leggere in una palla di vetro resa opaca dalle interpretazioni sul progetto, dalle filosofie, dalle posizioni: tre anni alle spalle e all’orizzonte un appuntamento De Laurentiis-Mazzarri in via di definizione sulla data (martedì? mercoledì? giovedì?), la chiave per decidere su se stessi, sulle prospettive, sulle strategie eventualmente da condividere. «Non mi sembra il caso di render pubbliche le mie considerazioni, di queste cose è giusto che parli principalmente con il presidente e lo farò quando avremo modo di vederci. C’è grande sinergia tra me e Bigon, tra me e Santoro, tra me e lo staff intero e fino ad ora le cose sono andate veramente bene: c’è un rapporto solido con la società e sarà importante avere unità di intenti».
POCHO COMMOVENTE – Napoli è lì, intorno al tavolo del ristorante sul lungomare, l’epicentro di un interrogatorio perenne: e, gira e rigira, il dito finisce nelle pieghe d’una curiosità che non fa distinzioni e che ruota (chiaramente) intorno al quesito lasciato inevaso dal Mazzarri diplomaticamente autentico, confuso dalle emozioni dell’Olimpico, dal trionfo della Coppa Italia, dalle lacrime di Lavezzi. «I calciatori per me sono come figli e con il pocho ho avuto un rapporto intenso. Vederlo piangere mi ha toccato. Nel caso dovesse andar via, mi spiacerebbe: ma in queste questioni, che coinvolgono la volontà del calciatore, quelle del club e la presenza di una clausola, io non posso entrarci».
TANTO DI CAPPELLO – Sul palco, è un’ovazione, una pioggia di complimenti che arrivano dai vertici istituzionali, dal presidente del Coni, Gianni Petrucci («a Napoli non si vinceva da tempo, bisogna essere orgogliosi») al presidente della Figc, Giancarlo Abete («stagione esaltante per il Napoli e il tecnico ne è stato protagonista»); e poi, prima di tuffarsi tra i microfoni e tra la gente, è divagazione su vari temi, con la gente che ha il naso all’insù per scrutare il vento, per capir se parte o resta. «Ho un contratto sino al 2013». Carta canta?
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.