Addio: perché in quell’atmosfera cupa, un po’ mesta, certo assai malinconica, l’epilogo era scritto e si poteva leggere in quei silenzi di circostanza, il desiderio «feroce» di blindare una verità invece annunciata. «Il mio ciclo è concluso». Addio: perché in quel clima gioioso, con la qualificazione in Champions ormai afferrata, non restavano ostacoli per spifferare all’universo intero – a Napoli innanzitutto – le ragioni di una scelta ed era ormai inevitabilmente decodificato quel no secco, definitivo, e un congedo rappresentato da quella meditazione di comodo usata a mo’ di bunker. «Sono stato qui quattro anni, ho cercato di portare il Napoli il più in alto possibile e sono fiero di ciò che ho fatto con questi ragazzi fantastici, con i quali mi sono commosso. Li ho salutati nello spogliatoio, nessuno sapeva nulla, ho comunicato la mia decisione e davanti a De Laurentiis e Bigon è stato un momento toccante» . Addio: perché i pensieri sparsi di Walter Mazzarri appartenevano ormai all’opinione pubblica e non c’erano libere interpretazioni ma la traduzione letterale di riflessioni divenute superflue e però sfruttate per esser «vivi» sino all’ultimo secondo dell’utlima giornata del suo ultimo Napoli. «Se lo avessi detto dopo la vittoria di Bologna, comunque ci sarebbe stato un contraccolpo. Ringrazio De Laurentiis e Bigon, perché hanno provato sino ad oggi a farmi cambiare idea. Ma credo sia la soluzione più giusta e ora vedremo quello che accadrà: potrei restare fermo, potrei andare altrove, ma credo fosse giusto cambiare aria. Resterò tifoso del Napoli a cui auguro di vincere lo scudetto».
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