Ancora quattro gol, ancora una rimonta. La reazione del Napoli al 2-1 del Genoa è stata devastante come quella contro gli ucraini del Dnipro. Annichiliti il torrese Immobile e i suoi compagni, quando è emersa la qualità degli azzurri la partita si è ribaltata, con un importante passo in avanti in classifica, favorito dalla sconfitta dell’Inter a Bergamo: il secondo posto è a un punto. A Genova il trascinatore è stato Cavani, come in Europa League. Al suo fianco, Hamsik e Insigne, che ha anticipato i tempi della staffetta con Pandev per l’infortunio del macedone. In questo momento il ragazzo di Frattamaggiore si fa preferire a Pandev: più incisivo in area e più efficace nel supporto ai compagni. Mazzarri è un allenatore che sa fare anche scelte forti e prenderà atto della flessione dell’ex interista, che peraltro si è infortunato alla caviglia. Due rimonte in tre giorni (e quella di Marassi è avvenuta in due fasi: dallo 0-1 all’1-1 e dall’1-2 al 4-2) sono un segnale di forza. Il Napoli c’è. Sa andare oltre i problemi che a volte riesce a crearsi. Come quei vuoti in difesa che hanno consentito al Genoa – zero reti nelle precedenti quattro partite – di segnare con Immobile e Bertolacci. Nelle prime sei gare di campionato il Napoli aveva subito appena due reti e s’era presentato con il titolo di migliore difesa nel match contro la Juve. Ma nei successivi sei turni sono stati incassati sette gol e certi squilibri sono apparsi preoccupanti: nell’azione del raddoppio rossoblu l’azzurro più vicino a Bertolacci non era un difensore, ma il mediano Dzemaili. Quando la difesa è passata a quattro, si è vista maggiore sicurezza, incentivata anche dall’ingresso di Inler, risparmiato inizialmente per tutelarlo in vista della partita con il Milan, dato che era a rischio squalifica. È arrivato così il riscatto in grande stile. Con il gioco e i gol, con quella forza esplosiva che ha stordito il Genoa e ha esaltato il popolo azzurro. Paolo Cannavaro, il capitano simbolo delle esaltazioni e delle depressioni del Napoli in questi anni, ha stretto in un forte abbraccio Mazzarri al gol di Hasmik come fece con Reja il 10 giugno 2007, quando gli azzurri pareggiarono con il Genoa e tornarono in A. C’è un legame d’acciaio con questo allenatore che ha raccolto la squadra tre anni fa nelle retrovie del campionato e l’ha spinta sulla ribalta internazionale, a battersi per lo scudetto. Mazzarri aveva portato la mano sul cuore dopo il 3-2, con una smorfia che era di sofferenza e gioia. L’allenatore ha difeso la sua privacy in occasione della recente visita cardiologica, avvenuta pochi giorni dopo aver parlato di un forte stress e di un ipotetico anno sabbatico. Ha rassicurato tutti davanti alle telecamere: un largo sorriso, Mazzarri sta bene ed è orgoglioso di questi ragazzi che accuseranno pure qualche defaillance, ma sanno reagire alle avversità. E poi s’è rivisto in panchina quell’uomo in camicia bianca, il trascinatore Walter che ha fatto innamorare i napoletani ed è finito sui presepi di San Gregorio Armeno. Via la giacca, via la cravatta: ci vuole passione per vincere. Lo scenario è diventato più che mai interessante: l’Inter e il secondo posto sono a un punto, la squadra di Stramaccioni ha interrotto la serie positiva sul campo dell’Atalanta, dove è stata perforata dall’ex azzurro Denis, autore di una doppietta. E sabato a Fuorigrotta c’è l’anticipo con il Milan.
Fonte: IL Mattino
La Redazione
P.S.
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