Le parole son come pieghe: nelle quali è doveroso infilare per leggerle con cura, per intuirne il significato, per decodificarne i codici. E in quei (circa) cento giorni che separano dal fischio finale d’una stagione già elettrizzante, c’è nascosta la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità d’un futuro da decifrare, spingendosi al di là del ruolo e delle parti. Sopra la panca, e pure sotto, e intorno ad essa, c’è un alone di apparente mistero ma se fino a dicembre passato, senza la necessità di travestirsi da indovini, si poteva annusare aria di separazione – per una liaison umanamente consunta – l’anno nuovo ha ricreato un’antica atmosfera e condizioni che inducono a riflessioni sulla reale usura d’un rapporto quadriennale. Prima che scorrano eventualmente i titoli di coda, nel bel mezzo d’un finale in cui ci sono in gioco uno scudetto, una qualificazione in Champions League e gli ottavi di Europa League, val la pena di osservare i nuovi scenari, di cogliere il restaurato clima, di registrare che qualcosa è cambiato. Mazzarri sì, Mazzarri no: Mazzarri ni.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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