Uno, due: il lampo che acceca e poi la fiondata dritta al cuore. E il sogno che diviene un incubo. Uno, due minuti: la capocciata di Caceres, la randellata terrificante di Pogba, Juventus-Napoli che scivola via e lascia un retrogusto amarissimo. Quanti sono centoventi secondi: un battito di ciglia, un sospirone lungo o anche una fitta da dominare sistemando il buon viso di Mazzarri – che torna sull’idea di anno sabbatico conermando di «voler arrivare a fine stagione e poi riflettere se andare avanti, è una questione personale, anche di salute» – in quel gioco diventato improvvisamente duro da digerire.
Cosa resta, Mazzarri, di questa sfida?
«La consapevolezza che rispetto a un anno fa, alla sconfitta per 3-0 qui a Torino, abbiamo fatti passi da gigante. L’abbiamo giocata alla pari, stavolta: e contro i campioni d’Italia e una delle squadre più attrezzate d’Europa».
Perdere le fa sempre male.
«Ma stavolta un po’ meno. Riesco persino ad essere contento, perché abbiamo offerto dimostrazione della nostra maturità. Le sconfitte fanno parte del calcio ed alla Juventus bisogna fare i complimenti per essere riuscita a vincere. Però io ho detto bravo a tutti i miei ragazzi, negli spogliatoi. E ora già penso al Chievo».
Le palle inattive sono la vostra disperazione, eppure marcate a uomo…
«Sul gol siamo stati sfortunati, perché su Caceres è saltata la copertura: ci doveva andare chi aveva tenuto in precedenza Barzagli, che in quella circostanza è rimasto dietro. E chi aspettava il centrale difensivo, ha smarrito l’uruguayano. Ma sono dettagli. L’avevo detto: gare del genere li può decidere anche un episodio ed a noi è toccato quello decisivo. Fosse entrata la punizione di Cavani…».
Rabbia ne è rimasta?
«Smaltita in fretta. Era importante venire qua e fare la partita, avere l’autorevolezza per fronteggiare una squadra come la Juventus. Magari la delusione è determinata da altro: se penso che abbiamo preso gol nel momento migliore, quando i bianconeri avevano cominciato un po’ a guardarsi le spalle, allora sì che monta l’amarezza. Ma poi mi fermo a pensare e ribadisco: era eventualmente scritto, doveva andare così ed è inutile stare qua ancora a parlarne».
Sottolineata la statura mostrata dal Napoli, non pensa che la fase offensiva sia stata carente?
«Avevamo da attaccare la difesa della Nazionale italiana, dunque i più forti in circolazione. Ci può stare che ogni tanto si produca di meno, però nonostante tutto qualcosa s’era provato a fare. Magari siamo stati meno brillanti in alcuni momenti, ma resto dell’avviso che gli aspetti positivi di questo match siano abbondanti».
La differenza, ma guarda un po’, l’ha fatta la panchina bianconera: è un indizio, questo?
«E ciò non vuol dire che i loro ricambi siano superiori ai nostri. Qualcuno m’ha anche chiesto perché non ho cambiato: ma perché non ce n’era l’esigenza, non ne vedevo i motivi. Stavamo giocando bene, tenevamo il campo: poi un angolo e siamo andati sotto; passa un minuto e Pogba, che deve essere veramente un campioncino, inventa un capolavoro del genere. La casualità ha avuto la sua incidenza: io le partite non le analizzo attraverso il risultato. Mai».
Rifarebbe tutto, se dovesse rigiocarla?
«E non capisco perché mai non dovrei? Era probabilmente un match segnato e con questo non tolgo assolutamente meriti alla Juventus che lo ha vinto. Ma l’ago della bilancia lo spostano episodi che sembrano marginali e invece diventano centrali. Io dopo l’uno a zero di Caceres ci credevo ancora, poi è arrivata la mazzata di Pogba e solo a quel punto è finita. Eppure nel finale abbiamo provato a ridar vita alla partita».
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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