Il sale sulla ferita (freschissima, dolorosissima) è in quella saletta del videotape con le immagini che sfilano dinnanzi agli occhi a ripetizione – una, due, anzi tre volte – e inducono a farsi una domanda senza riuscire a trovare neppure mezza risposta: perché? La notte è fatta per disintossicarsi ed invece è servita a un bel niente: e ciò che resta di quello 0-3, d’una figuraccia (quasi) senza precedenti, è il senso incompiuto d’una squadra scopertasi per un’ora e mezza alla deriva mentalmente, il corpo al san Paolo e la testa altrove. Una rarità, nel quadriennio, ma non un caso isolato, perché i precedenti restano. E comunque, è fatta, è terribilmente già finita: rimane l’ipotesi d’una impresa da tentare al ritorno, però rischiando di rimetterci fisico e (pure) la mente, prima dell’Udinese; e poi galleggerebbero una serie di variabili su come andarsela a giocare in Repubblica Ceca, con quali titolarissimi e, pure stavolta, perché mai.
PARLIAMONE – I dettagli d’una chiacchierata di una quarantina di minuti, con il vulcano che implode e la Sampdoria – un altro (cattivo) pensiero da scacciare via – che ormai è a portata di mano appartengono al nulla: però ci sono elementi centrali di un’analisi che, alla squadra confessata nello stanzone, Mazzarri ha voluto riassumere in quel «perchè?» . Niente processi, né arrabbiature postume, né aria da inquisizione, né clima pesante: ma l’impatto, maledizione, perché ancora quello dell’Olimpico? E poi certe anime svagate, perché? E perché ancora l’incapacità d’essere reattivi, di propendere per le giocate meglio conosciute? E perché non una «seconda palla» , dimostrazione lampante di distanze eccessive tra i reparti? Parlare è anche esercitazione psicologica, aiuta a svuotarsi di bile e a farsene una ragione: a lavorare sugli errori, senza essere in campo e sentirsi sotto esame come scolaretti che hanno appena consegnato la pagine scarabocchiata, pardon sgrammaticata. Poi, avanti con la Samp, abbozzando il futuro, sapendo le mosse per evitare le insidie di Delio Rossi.
TRANQUILLITA’ – La prima mossa: vietato lasciarsi prendere dal panico, perché è già successo in passato, è pure accaduto quest’anno (1-3 con il Psv, 2-1 con l’Inter e la doppia sconfitta con il Bologna) ed alla distanza è venuto fuori il Napoli del secondo posto in classifica, con sei punti (e in realtà sono sette) di vantaggio sulla Lazio. Nel velocissimo confronto, in quel dibattito a più voci ch’è servito per rimuovere la malinconia dell’Europa League, la parola più utilizzata non poteva che essere «reagire» . Però tranquillamente, assolutamente depurati da ogni forma d’ansia, una «nemica» subdola, sottile, spesso oscura che si muove proprio nella penombra di un momentaccio generato da uno 0-3 interno.
USA E TORNA – Mica facile rimettersi in piedi e ignorare ciò ch’è stato e tuffarsi di slancio nel campionato poi fingendo di essere usciti indenni (moralmente) da un ciclone dell’Est! Ma mica si può restare ad arrovellarsi il cervello sull’Europa League che ormai è (praticamente) andata e per uno 0-3 ch’è statistica, acqua passata? Serve la scossa, ovvio: la scarica di adrenalina o anche un messaggio simbolico, un intervento dall’alto e poi, contemporaneamente, una manata sulla spalla che arrivi di fianco. Sarà poi un caso che all’improvviso ricomparirà De Laurentiis, assente giovedì sera per impegni professionali, e però già prenotato sul volo Los Angeles-Roma e con l’auto che l’aspetta per trascinarlo al san Paolo, domenica, a starsene vicino al suo Napoli, per fargli avvertire la presenza della società attraverso la figura più autorevole del club.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.