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Mazzarri è l’allenatore della svolta

Formula Mazzarri anche i gregari vanno in Paradiso

Ha portato il Livorno in serie A, ha salvato la Reggina partendo da meno undici in classifica, ha conquistato l’Europa con la Sampdoria. Poi, si è fermato per pochi mesi ed è ripartito dal Napoli di Donadoni, in piena depressione, e in due stagioni l’ha portato prima in Europa League e poi, dopo ventun anni, in Champions. Con qualificazione diretta, dopo aver lottato anche per lo scudetto. Mazzarri santo subito, ha pensato ieri mattina a San Gregorio Armeno il maestro presepiale Marco Ferrigno e sulla testa del pastore che ormai da tempo era possibile trovare nelle botteghe dell’antica tradizione dell’arte natalizia napoletana, ha appoggiato un’aureola. Perché per lui come per tantissimi tifosi azzurri la vittoria sul Manchester City degli sceicchi, dei milioni di euro investiti per vincere in Inghilterra e in Europa, ha qualcosa di sovrannaturale: un miracolo. Ma Walter Mazzarri da San Vincenzo il secondo successo del Napoli nel girone di Champions preferisce definirlo con il termine sportivo più bello: un’impresa. E come tale ha deciso di goderselo per una notte. 

Solo una notte, però, perché il tecnico da ieri mattina (all’alba, perché di solito si sveglia alle sei) è già concentrato sulla sfida di sabato con l’Atalanta e sa che il lavoro più difficile da fare con i suoi uomini è quello di mantenerli concentrati su una partita di vitale importanza per mantenere i contatti con la zona alta della classifica. Un lavoro nel quale Mazzarri brilla da sempre. Eccezionale motivatore, il tecnico toscano fa della forza del gruppo il suo principale credo: più dei moduli tattici (che presuppongono però sempre quel «3» di base per la difesa), più della presenza di fuoriclasse (dei quali però non si priverebbe mai: «Sono sempre soddisfatto di Hamsik, io guardo a quanto è utile per la squadra», ha detto qualche giorno fa). «Contro il City si poteva vincere soltanto con giocatori che giocassero al 130%», ha detto nella notte del trionfo. Ecco, quello è stato il suo sigillo più importante sulla sfida: lui, il tecnico che De Laurentiis ha cinematograficamente paragonato a Sean Penn e che figurerebbe su una locandina sempre con la sigaretta in mano, ha saputo ottenere dai suoi giocatori, dai campioni come dai gregari, il 30 per cento in più della loro abituale forza; Mancini, l’allenatore scelto dallo sceicco Mansour per far grande il City, dai suoi strapagati fuoriclasse non ha avuto nemmeno lo standard normale. Sia ben chiaro, non è solo questa la chiave di lettura della vittoria del Napoli ma è sicuramente quella più vicina al pensiero di Mazzarri e degli stessi tifosi azzurri. Ai quali il tecnico – l’anti-divo per eccellenza, il grande antipatico che nemmeno Chiambretti riuscì a far diventare simpatico agli italiani – è piaciuto subito. Il suo sbracciarsi, rimanere in camicia, sudare in campo come i suoi uomini, «rimbrottare» tutti senza distinzioni di ruolo (dai calciatori, ai giornalisti, all’ultimo dei collaboratori) entusiasma i tifosi quanto i gol di Cavani. «Mourinho dei poveri», lo ha definito con cattiveria qualche settimana fa Pietro Lo Monaco, direttore generale del Catania, ben conoscendo il pessimo rapporto tra Mazzarri e l’allenatore del Real Madrid. Ma chissà, la prossima missione impossibile per Walter, una volta conquistati gli ottavi, potrebbe essere proprio quella di fare uno scherzo a Mou. Mai porre limiti ai miracoli. Pardon, alle imprese.

 

La Redazione

P.S.

Fonte: Il Mattino

 

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