«Si va alla guerra». Parlando al telefono, senza sapere di essere intercettati, i calciatori che avevano il debole per le scommesse e che avrebbero cercato di combinarne i risultati usavano questa colorita espressione. Ma è solo una delle tante frasi finite al vaglio dei pm.
«Alla guerra». «Andare alla guerra» voleva indicare che non si era riusciti a trovare un accordo per aggiustare il finale del match. E che, dunque, si era deciso di «giocarsela sul campo». L’espressione ricorre in alcune conversazioni tra Matteo Gianello e Silvio Giusti. Parlando di Lecce-Napoli dell’8 maggio 2011 Giusti domanda: «Come siamo messi?». Gianello: «Male… Si va alla guerra». Per i pm il linguaggio «sovente criptico e comunque estremamente ambiguo» – attribuito soprattutto a Gianello, Giusti e Michele Cossato – contribuisce «a rendere difficile il tracciamento di una linea sicura di demarcazione tra meri pronostici espressi da persone appassionate di gioco e in grado di procurarsi informazioni e rivelazioni confidenziali allusive a casi di sicura combine».
La cricca. Dalle indagini emerge poi che esisteva un gruppo di calciatori – quasi tutti originari dallo stesso contesto territoriale, il Veneto – come Matteo Gianello, Silvio Giusti e Michele Cossato. «Si tenevano in costante e vertiginoso rapporto telefonico» scrivono i pm e si scambiavano notizie sulle partite per «verificare la possibilità di orientare risultati o alterarli. Siamo di fronte a un approccio compulsivo al mondo delle scommesse».
Il doppio gioco. È lo stesso ex giocatore del Chievo, Michele Cossato, ad ammettere durante un interrogatorio davanti ai pm a Napoli di essere uno «scommettitore incallito». Mediamente scommetteva almeno 50mila euro a settimana, via intenet, attraverso i siti Betfair e Stanley Bet. «Anche Silvio Giusti è un serio scommettitore…».
Samp-Napoli. Interrogato, Gianello dichiara: «Ricordo di aver contattato Giusti per Sampdoria-Napoli, commentando un mancato gol di Quagliarella, rete che gli avrebbe garantito il premio contrattuale». Gianello ricorda anche che Giusti «mi prospettò la possibilità di ricompensare i compagni di squadra che avessero aderito alla richiesta di far vincere la Samp con somme di denaro. Ingenuamente dissi nello spiogliatoio ai miei compagni che c’era una persona disponibile a dare denaro se avessimo lasciato vincere la Sampdoria. Ricevetti risposta negativa da tutti i presenti».
Cannavaro e Grava. Il capitano del Napoli, interrogato, ha negato di aver subìto pressioni in occasione di Samp-Napoli. «E da Giannello – aggiunge – non ho mai sentito parlare di scommesse». Anche Gianluca Grava in sede di interrogatorio ha negato tale circostanza, il 16 giugno 2012. «Resta dubbio – commenta la Procura – uno “iato” fra le dichiarazioni di Gianello e quelle di Cannavaro e Grava». Emerge, cioè, uno strano silenzio dei due sull’ex portiere.
«Cavani vuole vincere…». Sempre Gianello e Silvio Giusti, al telefono. Gianello: «Sai qual è l’unico problema? Che c’è Cavani che vuole vincere la classifica dei cannonieri…» Giusti: «E se fa gol Cavani, allora però devi far fare anche di là… dopo..». Anche questa conversazione rafforza l’ipotesi accusatoria: quella che vede Gianello istigatore che però non riesce a far breccia tra gli altri calciatori .
Mazzarri. L’allenatore del Napoli, ascoltato come teste in procura, dichiarò: «Ritenevo Gianello un giocatore mediocre… Lo consideravo un ragazzo ”leggero”, che peraltro si allenava senza impegno. In linea generale credo che i pericoli in questo ambiente possano venire da calciatori a fine carriera, senza particolari stimoli, come quelli militanti in serie minori, che percepiscono stipendi inferiori rispetto a quelli di serie A».
Fonte: Il Mattino
La Redazione
P.S.
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