E la chiamano partita. Con ciò che scorre dinnanzi agli occhi, la gioventù e anche la vecchiaia (si può dire, vero?): i balocchi, Livorno, l’infanzia a inseguir sogni con suo fratello; e poi Parma, osservata prima con lo sguardo disinvolto d’un ventenne e poi, a seguire, con la saggezza d’un trentaduenne, che ha appena invitato il destino a tenersi un miliardo. E la chiamano partita, con tutto ciò che s’annida nel ventre d’una sfida, con le chiacchiere trascinate via dal vento a proposito di presunti liti e di incomprensioni con Mazzarri, con l’amarezza umanissima d’essere fuori dalla lista Champions e però rispettata nel silenzio ossequioso che va riconosciuto all’allenatore: Napoli-Parma, e la chiamano partita. C’è la vita in quel fazzoletto di tempo ritrovato, in quella convocazione – la prima – che riconduce ai riti della vigilia, le manie da governare, le ansie da controllare, l’autostima da coltivare: c’è un film da rivedere, nel chiuso d’una stanza che introduce al fischio d’inizio, e poi vada come vada – panchina o tribuna, assente o presente, sarà stato bello rivedere Alessandro, il piccolino di casa, in abiti professionali, la tuta indosso, l’espressione un po’ bischera d’entrambi, ognuno con le proprie esigenze, entrambi istitnivamente lanciati a palleggiare con l’ironia. Si riparte, la sacca in spalla e dentro gli scarpini di Cristiano Lucarelli, trentasei anni e non sentirli addosso, una quercia ignifuga alle malelinge ed alle leggende metropolitane, l’uomo buono per qualsiasi stagione: è un debutto pure questo (nell’elenco dei convocati) e dà gusto, perché concede un’altra diapositiva in una notte specialissima come tutte le volte in cui gli è toccato isolarsi dal mondo e andare a fare spallate con Ale, il fratellino cresciuto almeno altrettanto. Napoli- Parma, eh già: un’ora e mezza da vivere con un affetto speciale, chissà se da bordo campo oppure osservando il san Paolo dall’alto, riguardandosi dentro, dai primi calci in pantaloncini corti all’acuto con la Juventus, torsione di testa e palla nell’angolino lontano di Buffon, l’asso tirato fuori dalla manica per mettere il proprio autografo sulla conquista della Champions, per gettar via definitivamente le stampelle ritrovate al primo scatto – un anno fa – e scoprire l’entusiasmo di un Napoli che lo sommerse con un abbraccio trascinante. Napoli-Parma è, nel suo piccolo, la serata di Alessandro Lucarelli: la chiamarete (semplicemente), una partita?
La Redazione
A.S.
Fonte: Corriere dello Sport
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