Guardarsi alle spalle conviene: e dando un’occhiata, rileggendo il Napoli tra le pieghe dell’ultimo mese, magari spingendosi anche al di là di Stamford Bridge e planando sino a Parma, in quel dettaglio che forse nascondeva un indizio, si troverà il luogo in cui intervenire. Serviranno mani, gambe, testa e idee, interventi diretti: perché, rileggendo il calendario, anzi riattraversandolo mentalmente, s’è scoperto, eccome, dove sia il trucco, dove sia l’inganno.
SULLA VIA EMILIA – Tutto comincia a Parma, il 4 marzo, la data simbolo del tracollo difensivo: però, non si può intuire, perché in quell’1-2 l’errore di Campagnaro, che causa in maniera banalissima l’angolo dal quale poi Paletta trae giovamento per la sua «spaccata», sa di episodio. Invece, è la spia azzurra che si è accesa: cinque giorni dopo, nell’anticipo con il Cagliari, finisce in goleada, 6-3, e Larrivey può portarsi persino il pallone a casa, con gli autografi di tutti, avendo trovato una tripletta nell’area «deserta» del san Paolo.
NOTTE BLUES – A Londra, la serata che resta impressa come un marchio sulla pelle, è 4-1 ai supplementari: Drogba di testa, Terry in elevazione, rigore di Lampard susseguente a corner e a Udine, solo lì, non ci sono palloni inattivi ad alimentare l’analisi. Ma basta poco, una settimana, e l’arrivo del Catania riapre il dibattito, rinato in conseguenza dello stacco imperioso di Spolli, un gigante, e dell’irruzione del «normalissimo» Lanzafame, che capitalizza l’ennesimo calcio d’angolo e fa 2-2, dal 2-0 partenopeo. Dov’è l’errore, si chiede Mazzarri: «Eppure marchiamo ad uomo, ad ognuno il suo compito».
LA REGOLA DEL TRE – Ma il problema è di più ampia portata e lo sottolineano la Juventus, la Lazio e l’Atalanta scoperchiando come un ciclone le umane debolezze del Napoli, che subisce nove reti in duecentosettanta minuti, stavolta su giocate, palla in movimento, con le incursioni dei difensori (Bonucci a Torino, Bellini al san Paolo) o dei centrocampisti esecutori di prodezze (Vidal e Mauri da applausi) o dei mediani ai quali viene consegnato lo spazio (Bonaventura e Carmona): «Adesso bisogna lavorare su questi difetti emersi e dunque riassestare gli equilibri della squadra, riconsegnarle certezze».
IL RITORNO ALL’ANTICO – La questione va affrontata a tutto campo e dal pomeriggio, a Castelvolturno, Mazzarri riparte dal Napoli ch’è stato, rielaborando i «vecchi» codici, risistemando gli scompensi della struttura tattica generata dall’emergenza (contemporaneamente fuori Zuniga e Maggio; Gargano squalificato) e trasciando di nuovo Hamsik tra le linee. Stavolta si può, perché ci saranno i cursori che libereranno Dzemaili dagli straordinari sulla fascia e gli interditori sono pronti per tornare al proprio posto, l’assenza di Pandev azzererà qualsiasi tentazione di tridente puro con lo slovacco a metà campo e quindi la copertura alla difesa avverrà attraverso una sistemazione più congeniale alle caratteristiche degli interpreti.
IL PARADOSSO – Il quattro marzo, prima di scender in campo a Parma, il Napoli è reduce da cinque gare «immacolate» (Cesena, Milan, Chievo, Fiorentina e Inter: dunque, valori «misti») ed ha fatto peggio, nella classifica di gol subiti, solo di Juventus, Udinese e dei campioni d’Italia. Quaranta giorni dopo: hanno fatto meglio anche la Lazio, il Chievo, l’Atalanta, il Siena, il Cagliari, il Bologna e la Fiorentina. Strano eppure vero.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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