Tornerà allo stadio San Paolo da ex per la prima volta. Walter Mazzarri, quattro anni intensi sulla panchina del Napoli: gioie, tante; qualche delusione e una scia di polemiche successive al suo addio. L’allenatore bravo ma spigoloso, l’uomo che non si lascia cullare dall’emozione per una bella vittoria, resta concentrato sul lavoro. Si alimenta del lavoro. Vive di calcio e consuma ogni energia per il calcio. Era così a Napoli, ed è così oggi all’Inter. La sfida di domenica, per ora, non gli suscita particolari turbamenti. «Ma accadrà, so che accadrà quando salirò la scaletta che mi porterà al campo. E’ naturale, Napoli mi ha regalato tantissime gioie, ho vissuto su quella panchina quattro anni in maniera coinvolgente e totalizzante». C’è da credergli, chi un po’ lo conosce sa che non sa mentire, anzi. A volte riesce ad essere antipatico perchè è diretto, immediato. All’Inter è iniziata un’altra stagione. Nuova storia, vecchi metodi: lavoro, lavoro e solo lavoro. Un’ossessione, la sua. La capacità di annullarsi per la sua squadra, di restare mentalmente in campo ventiquattro ore al giorno. «Un allenatore – dice – va giudicato per i risultati che raggiunge in un club. Il resto sono chiacchiere. Il giudizio inizia il giorno dell’affidamento del mandato e deve terminare quando lo stesso si conclude. Poi c’è l’uomo, che va sempre rispettato». Si riferisce, Mazzarri, evidentemente, a qualche strascico polemico che ha sortito il suo addio. Da Napoli a Milano, invece, per lui è una missione che continua. Altrove, certo. Ma con lo stesso spirito, l’identica abnegazione. Napoli vive oggi un’altra epoca, quello di Rafa Benitez e probabilmente ancora si interroga sul modo in cui sarà opportuno accogliere il tecnico, oggi avversario, che in quattro anni ha portato la squadra dal sest’ultimo posto in Champions League. Lui, Mazzarri, che tipo di accoglienza si aspetta? «Non ci penso ora a questo – aggiunge – Certo, credo che la gente abbia visto cosa abbiamo fatto in quattro anni, apprezzi i risultati ottenuti, la crescita che hanno avuto contestualmente squadra e società. Ci sarà anche chi non ha gradito il mio addio e, forse, prova rancore. Col Napoli ho raggiunto l’Europa e lì non accadeva dai tempi di Maradona. Poi il cammino in Champions con ragazzi tutti esordienti e la vittoria della Coppa Italia. Il club mi ha sempre dato parametri cui attenermi, li ho rispettati e credo di aver contribuito alla valorizzazione dei giocatori. Quando ho iniziato ad allenare Zuniga non ci credeva nessuno. E sappiamo oggi quanto vale; ricordo Cannavaro: quando sono arrivato veniva fischiato. Poi applausi. Questi sono fatti riscontrabili, è la storia. Ho portato la squadra al vertice e l’ho lasciata al vertice. Poi c’è chi racconta altro, ma non mi interessa». Il rapporto con il presidente De Laurentiis? «Sempre di confronto continuo, a volte anche vivace e acceso, ma nel rispetto dei ruoli. Quattro anni eccezionali in cui ho costruito le basi per un’ulteriore crescita del club. Oggi il Napoli ha giocatori importanti, basta vedere i loro club di provenienza. E’ legittimamente l’antiJuve». I ricordi sono tantissimi «ma ora sono concentrato sull’Inter». Ma domenica si avvicina, la scaletta del San Paolo e l’emozione dell’ingresso in campo. Mazzarri ha difficoltà ad eleggerne uno come più bello, o come più brutto. «la nostra è stata una cavalcata straordinaria, potrei parlare della qualificazione in Champions, del passaggio agli ottavi in un girone dove tutti ci davano per eliminati. La vittoria sul Chelsea fu straordinaria, ma anche le mie prime vittorie in campionato contro Fiorentina e Juventus». Rimpianti? All’epoca la sconfitta a Londra fu terribile, poi però quella squadra vinse la Champions e l’amarezza si attenuò». Qualche delusione anche in campionato? «Certo, una su tutte la sconfitta immeritata a Bologna, che di fatto ci costò la qualificazione in Champions». Mazzarri e Napoli, una storia bella e dal finale travagliato. Domenica una sfida sentita ed emotivamente forte. Il volto di Mazzarri? Probabilmente imperscrutabile. «Sul lavoro devo mantenere alta la concentrazione. Di tutte le gioie io godo soltanto dopo».
Fonte: Monica Scozzafava per “Il Corriere del Mezzogiorno”
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