Tredici mesi sulla panchina del Napoli. «Cominciammo in un pomeriggio d’ottobre contro il Bologna, non c’era tanta gente al San Paolo». Walter Mazzarri accende la prima di sei sigarette nel giardino di Castelvolturno. «Tredici mesi di vertiginosa crescita, imprevedibile per gli altri. Ai risultati aggiungo la nostra interpretazione del calcio: bella, propositiva, divertente».
Napoli terzo, per ora: è il suo obiettivo?
«Ai giocatori dico di non accontentarsi mai e non metto limiti alle possibilità e alla crescita della squadra. Sono un ottimista, però niente proclami. Gli obiettivi devono fissarli i club che nelle loro centenarie tradizioni hanno sempre avuto posizioni di vertice e contano su calciatori di grande esperienza internazionale. Società e squadra lavorano affinché si crei un’organizzazione che consenta di raggiungere e mantenere certi livelli. Ma non dobbiamo fare le cicale».
In che senso? Legge un sms, forse di De Laurentiis…
«Il presidente parla di un progetto di cinque anni per assestarsi su quelle posizioni. Non bisogna fare come la cicala: un anno straordinario e poi incredibili disfatte. È accaduto anche qui: ricordate dove De Laurentiis prese il Napoli?».
In tribunale, però questo c’entra con il presente?
«Ci sono i bilanci da rispettare, il fair play finanziario. Intanto, abbiamo raggiunto alcuni obiettivi, come la qualificazione al girone di Europa League e non è nostra intenzione fermarci».
La rosa è adeguata per due competizioni?
«Il numero è giusto. Lascio fuori dai tre ai quattro uomini a partita. Ci sono le alternative: Zuniga per Maggio, Vitale per Dossena. Non si possono avere più di 22 giocatori. Poi c’è l’aspetto dell’esperienza: tanti ragazzi la stanno acquisendo adesso».
Perché quei numerosi tagli all’organico nella scorsa estate?
«È stata fatta una scrematura: se vi fosse stato un numero più ampio la situazione sarebbe peggiorata sotto l’aspetto della partecipazione al lavoro e dei costi. Abbiamo cominciato con aggiustamenti e miglioramenti. Il progetto Napoli, tecnico e aziendale, è appena cominciato».
Il dg Fassone ha annunciato un acquisto a gennaio.
«De Laurentiis ha creato una struttura forte. Parla soprattutto con Fassone e Bigon, io mi dedico al lavoro sul campo, quello che mi piace di più. Riferisco ai dirigenti, però di mercato, se vogliono, parlano loro. Io sono il responsabile dei giocatori che mi sono stati assegnati. In un anno abbiamo costruito non solo il gioco, ma anche la mentalità della squadra. Se c’è chiarezza nel rapporto con la società, io accetto qualsiasi sfida».
La squadra soffre i numerosi impegni.
«Era prevedibile che avremmo pagato qualcosa. Un anno fa c’era la settimana tipo prima di una gara, adesso il sistema di preparazione è differente perché si gioca spesso ogni tre giorni. I meccanismi funzionano perché è stato mantenuto lo zoccolo duro. De Laurentiis ha indicato un piazzamento dal quinto al decimo posto, noi riteniamo questa come una stagione di crescita. Sul campo, non con le parole, dovremo cercare di fare qualcosa di straordinario come un anno fa».
Cavani è il capocannoniere e Lavezzi delizia anche con Messi.
«Vedo i calciatori con l’occhio del padre verso i figli: sono contento se mi danno soddisfazioni. Se Lavezzi ha riconquistato il posto nell’Argentina, è merito anche del Napoli».
Hamsik e Maggio deludono, invece.
«Hanno giocato più di altri, quindi un po’ usurati, però sono importanti. Cerco di gestirli, in particolare Hamsik: uno come lui è importante anche se al 60 per cento. Li apprezzo per la fase difensiva e per l’equilibrio tattico».
Napoli è in profonda sofferenza: come può aiutarla la squadra?
«Ho voluto il Napoli perché in questa città il calcio è un’occasione di riscatto sociale. La sfida mi è piaciuta. Ai tifosi abbiamo dedicato vittorie importanti: il loro entusiasmo è un valore aggiunto, se interpretato con equilibrio».
Perché è antipatico ad altri allenatori? Perché non è stato mai esonerato o ha centrato sempre gli obiettivi?
«Perché curo poco i rapporti, non mi interessano le frasi di circostanza. Penso a lavorare e a vincere. Una partita non è una guerra, però l’altro allenatore è un avversario da battere. E poi in questo mondo ci sono invidie e non si riconoscono i meriti».
Mazzarri ha un sogno?
«Prima del campionato faccio un voto e alla fine vado in un santuario per scioglierlo: gli obiettivi li ho raggiunti sempre. Ho fatto un voto anche quest’anno, però non lo rivelerò mai».
Fonte: Il Mattino
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