E poi qui si fa la storia: dalla nascita ai giorni nostri, passando (ovviamente) attraverso Diego, anzi cercando di sovrastarlo, perché poi la cronaca diventi (addirittura) leggenda. I numeri hanno un’anima, diamine, e offrono emozioni: e se per caso al diciannove maggio nessun altro avrà fatto come loro, la medaglietta da appuntarsi al petto avrà un valore non solo simbolico, perché in quell’istante ci sarà lo spazio degno nelle statistiche e un primato da riportare alla luce ogni volta che qualcuno tenti di insidiarlo.
CHE BOTTO! – Dodici vittorie interne e sette esterne, cinque partite alla fine: si scrive Mazzarri si legge superman, perché in quel concerto che sta producendo la musichetta che piace tanto, c’è la prospettiva di superare se stesso e persino il Napoli scudettato di Albertino Bigon, che nel ’90 – campionato però con diciotto squadre – raccolse lo stesso numero di successi e riuscì ad arrivare all’equivalente dei settantadue punti attuali. Il calendario è infido, nasconde insidie nelle situazioni apparentemente più agevoli: ma dal Pescara all’Inter, e poi dal Bologna al Siena e per concludere alla Roma, possono arrivare quei sette punti che servirebbero per abbattere quel muro che resiste dal secolo scorso e possono dunque arrivare quei risultati utili per sistemarsi in cima alle classifiche di tutti i tempi.
VACILLA – La media punti d’una squadra che ha scoperto d’avere una sua spiccata propensione al formato trasferta: la vetta (che pure pareva irraggiungibile) del 2010-2011, l’annata che trascinò di slancio in Champions è a quota trenta; e il quarto Napoli di Mazzarri sta mettendo seriamente a rischio la performance di quella squadra che pure riuscì a strabiliare: mancano tre “viaggi” al termine del tragitto – nell’ordine: il Pescara, poi il Bologna, infine la Roma – e le sette vittorie e i cinque pareggi sono già serviti per raccattare ventisei punti. Meno quattro al traguardo, sostanzialmente a portata di mano, nonostante le difficoltà palpabili dell’Adriatico, l’allergia manifestata alle squadre di Pioli e il pericolo concreto che all’Olimpico, all’ultima, per gli azzurri ci sia un’avversaria alla disperata ricerca d’una affermazione che valga un posto in Europa.
DEMOLITO – E’ già stato invece frantumato (in teoria, quasi in pratica) il tetto dei quaranta punti interni, pure quello eretto in quella stagione di dimensioni imponenti: il Napoli ci è arrivato domenica scorsa, contro il Cagliari, ad eguagliarsi ed ora può soltanto far di meglio nelle due circostanze consegnate dallo scadenzario, che proporrà l’Inter il 5 maggio (giornata che scatena ricordi infausti nei nerazzurri) e il Siena una settimana dopo. Basta appena un punto, una miseria rispetto a tanta nobiltà guadagnata faticosamente sul campo, attraverso un quadriennio “pazzesco”.
LA MACCHINA – Da gol insegue altro: la Juventus e la Roma hanno fatto sfoggio di una certa intraprendenza e sono arrivate già a quota sessantaquattro reti; poi c’è la Fiorentina che è a sessantadue; e quarto è il Napoli, capace di spingersi sino al sessantuno gol, di avere in Cavani il capocannoniere della serie A. Per arricchire ulteriormente la propria bacheca stagionale ed infiocchettarla ulteriormente, pure questo è un dato che balza agli occhi e che fa venire il solletico ad una squadra che ha deciso di non negarsi assolutamente nulla.
VERSO DIEGO – Cavani salta Pescara ma poi avrà a disposizione altre quattro gare per superare la soglia dei cento gol, per fregiarsi di un altro spicchio di autostima, per accrescere i propri dati: un giretto tra i suoi due precedenti campionati, sottolinea la tendenza di Cavani ad abbassare i propri ritmi nella fase conclusiva della stagione e prima dei due gol nei trecentosessanta minuti dell’anno passato, c’è un insolito zero che manda in archivio la prima edizione del matador partenopeo, costretto però a saltare due gare per squalifica. Mancano dettagli per far esplodere i fuochi d’artificio.
Fonte: Corriere dello Sport
La Redazione
A.S.
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