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Max Sirena: «Napoli è lo spot più bello dell’America’s Cup »

Lo scorso anno trionfarono i denti aguzzi del Piranha disegnato sulla Luna Rossa, davanti a Oracle e New Zealand. Per Patrizio Bertelli, il patron di team Prada, il miglior modo per mandare un messaggio forte e chiaro al resto della flotta dei contendenti: siamo tornati. Le regate dell’America’s Cup World Series tornano a Napoli. E il pubblico partenopeo si prepara a dare un nuovo benvenuto caloroso. Dodici mesi fa davanti a circa 100mila spettatori, con un vento debole da Sud-Est e una piatta più da lago che da mar Tirreno, i catamarani furono costretti persino a indossare una wing extention, un prolungamento dell’ala rigida (ex randa), per raccogliere quella poca aria intrappolata nel golfo. Il più bravo di tutti fu Francesco Bruni su Luna Rossa Piranha: lesse il campo e indicò a Chris Draper, il timoniere, dove andare a raccogliere i refoli giusti.
Ora Luna Rossa non è più una sorpresa ed è pronta ad azzannare gli alleati neozelandesi, gli svedesi dell’acerrimo rivale Paul Cayard e tutti gli altri a luglio nella baia di San Francisco, quando i catamarani saranno enormi e pericolosi, e le regate vere. Quella di Napoli è ancora una prova tecnica, l’ultima. Ci sarà anche Swordfish. Lo skipper di questa nuova bella avventura alla Coppa America è Max Sirena, l’ex aiuto prodiere promosso capitano sul campo e votato miglior velista italiano del 2012.
Dal ’99, quando salpò la prima Luna Rossa, è cambiato tutto. L’Ac72, oggi, non è una barca ma «un manufatto industriale-tecnologico, con molta aeronautica dentro». Più, naturalmente, gli uomini. Undici, a bordo, ai comandi per l’appunto dello skipper Max Sirena. Questa è la nuova America’s Cup che hanno voluto Larry Ellison (il boss di Oracle, il defender americano) e Roussel Coutts (il suo scudiero): guarda caso proprio quelli che a Napoli non ci saranno. I grandi assenti, che hanno preferito come ha fatto lo stesso team di Paul Cayard continuare ad allenarsi a San Francisco piuttosto che venire a Napoli a rendere omaggio alle World Series inviando a qui le riserve.
Max, nell’ottica Louis Vuitton, cosa può darvi quest’ultima tappa dell’America’s Cup World Series?
«A dire il vero, nell’ottica della Louis Vuitton Cup e rispetto allo scorso anno, il valore di questo ultimo evento delle America’s Cup World Series con gli AC45 è, da un punto di vista tecnico-sportivo, molto limitato: c’è una predominanza di regate di flotta, totalmente assenti nella Louis Vuitton Cup, e si regata con barche e formazioni di equipaggio che nulla hanno a che vedere con gli AC72, la barca con cui si disputerà la Louis Vuitton Cup. Tanto è che Oracle e Artemis non sembrano dare un’eccessiva importanza a queste regate: né Spithill, né Coutts, né i ”titolari” di Artemis saranno presenti a Napoli».
Però a Napoli sono felici lo stesso: c’è Luna Rossa.
«Lo scopo delle World Series sia essenzialmente di comunicazione, per attirare l’attenzione del pubblico sull’imminenza della Louis Vuitton Cup. Una sorta di trailer per l’evento. Noi siamo qui per onorare questo appuntamento che per noi invece è molto importante».
A Napoli il debutto vittorioso di Luna Rossa. Che ricordo ha?
«Straordinario! Il calore del pubblico e il tifo da stadio sono indimenticabili, come è indimenticabile la vittoria alla nostra prima uscita ”ufficiale”, contro tutti i pronostici. Ancora oggi, in tutti i filmati che circolano sul web, ci sono le immagini della tifoseria napoletana: spero sia ancora più numerosa quest’anno, e che ci supporti ancora di più perché davvero il sostegno della gente dal lungomare è stato importante e lo sarà ancora».
Ci racconta questi mesi in Nuova Zelanda?
«Il periodo appena terminato ad Auckland è stato fantastico, molto intenso e impegnativo sotto ogni aspetto, tecnico e sportivo. È stata per noi anche la prima opportunità reale di vedere l’intero team lavorare insieme e di regatare contro i neozelandesi con gli AC 72. Ora ci aspetta l’ultimo appuntamento con gli AC45: ci siamo preparati molto, vogliamo regatare bene e vedere la maturità acquisita dal gruppo velico in questi mesi. Sotto questo aspetto sono molto curioso».
Come proseguirà dopo la settimana napoletana di regate la preparazione in vista della Louis Vuitton?
Chiuso questo capitolo se ne aprirà uno nuovo, quello finale e il più impegnativo: i primi di maggio torneremo a navigare con l’AC72, a San Francisco, sul campo di regata dove si disputeranno le prove della Louis Vuitton Cup. Ci aspetterà un mese intenso: allenamenti mirati alla regata e a definire gli ultimi dettagli di sistemi e vele. Vogliamo arrivare all’inizio della Louis Vuitton Cup preparati e ci impegneremo al massimo per questo prossimo obiettivo. Perché è chiaro che noi vogliamo vincere».
Lei la Coppa America l’ha già vinta, con Oracle nel 2010. Cosa le ha dato quell’esperienza e quel duello spettacolare con Alinghi?
«Molto, e prima di tutto una presa di coscienza degli obiettivi raggiunti in tutti questi anni. È stato il coronamento di un certo percorso, ma non l’obiettivo finale. Nella mia mente, nel mio cuore adesso c’è solo quello di portare la Coppa in Italia».
Quale rivale teme tra gli sfidanti all’America’s Cup?
«Tutti ma credo che alla fine vincerà chi sarà capace di rischiare di più».
Cosa spera, in termini di meteo, di trovare a Napoli?
«La primavera napoletana, con la sua proverbiale brezza termica… In poche parole: ’o paese d’o sole e d’o mare!».
È vero che una volta ti dissero: Max sei troppo piccolo fisicamente per fare la Coppa America, non riuscirai mai?
«Si, era uno dei ragazzi del Moro di Venezia. Forse scherzava».

Fonte: Il Mattino

La Redazione

P.S.

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