Mentre il fior fiore degli opininteristi delle tv locali milanesi erano tutti intenti a minimizzare i positivi debutti di Sulley Muntari, in trasferta prima e a San Siro poi, chi se ne intende, cioè gli addetti ai lavori interisti, erano di tutt’altro parere. Visto il Muntari di Cesena e quello di San Siro contro la Juventus, un gol in entrambi i casi, sia a Coverciano, all’orecchio di Massimiliano Allegri il lunedì dopo Milan-Juventus, sia, nel ritiro della Nazionale brasiliana in Svizzera, all’orecchio di Thiago Silva, è arrivata, da un allenatore e da un portiere, la stessa domanda ai rossoneri: “Ma cosa avete fatto a Muntari? Noi non ci credevamo più, sembra un altro…”. Niente, è la risposta. Il Milan non ha fatto nulla di particolare. E’ il calcio che è fatto così. Stesso giocatore, aria diversa, vita nuova. Succede per chi arriva al Milan e succede anche a chi va via dal Milan. Non sempre ma succede…Comunque sia, visto che in campo chi sa di calcio le cose le vede, certi fenomeni televisivi la smettano di minimizzare…
Altra domanda che circola, in ambienti insospettabili. Ma cosa è successo ad Andrea Pirlo? Mai visto così nervoso, così ringhioso con gli arbitri. In effetti in 10 anni di Milan non si ricorda nulla di plateale da parte del campione bresciano nei confronti delle cosiddette giacchette nere. Invece sia a Parma che in altre partite, le immagini televisive hanno sorpreso Pirlo più di una volta a muso duro nei confronti del direttore di gara. Anche in questo caso non c’è bisogno di essere severi o apocalittici nelle valutazioni: aria nuova, succede. L’importante è che, lo stesso che il 20 Dicembre 2004, due giorni dopo Juventus-Milan 0-0 (sì, quella partita, arbitro Bertini) scriveva che il Milan non doveva fare demagogia, please…non faccia la morale adesso al Sito del Milan che, mettendoci la faccia, e senza fiancheggiatori, ha segnalato azioni di campo che riguardavano un proprio giocatore raggiunto due volte. I monumenti si fanno in due, a chi va in campo e anche a chi trasforma Pirlo, in 10 anni, da una promessa in divenire (tale era il Pirlo dell’estate 2001) in un campione ricco e vittorioso.
Alessandro Nesta alla Juventus? Milanello rifiuta l’idea. Il campione laziale non vede l’ora di venire a capo del problema del suo adduttore e non pensa ad altro. Chi lo conosce bene, ma molto bene, ha pochi dubbi: Sandro o resta al Milan un altro anno o smette. Niente Juventus, nonostante l’amicizia salda e vera con Andrea Pirlo destinata a durare nel tempo. Anche se sarebbe stata una goduria, sentire certa musica uscire da certe boccucce. Le stesse che avevano bollato come finito e ridicolizzato Nesta dopo Milan-Lazio 2-2 di Settembre e che magari al primo intervento con una maglia nuova, sarebbero state pronte a sciogliersi nelle odi più dolci del mondo.
Parola d’ordine su Oriali? Troncare e sopire. Farlo passare per uno di Mediaset, un mezzo milanista, e non degnarlo neanche di un accenno sotto la Saras davanti alle telecamere di Sky. Gabriele Oriali non è uno qualunque, è stato bandiera dell’Inter in campo, dietro la scrivania (immolandosi sulla vicenda passaporti) e in panchina al fianco di Josè Mourinho in una annata stravincente. Dal momento che all’Inter non c’è un padrone e non ci sono dipendenti come nel Milan di Berlusconi, ma tutti spiriti liberi, dovrà pur esserci il giusto rispetto nei confronti dei problemi toccati con mano, vissuti e segnalati da uno come Oriali che non è propriamente il primo che passa per strada? Ma è possibile che all’Inter chiunque parli e dica cose sensate e comprovate, sia esso Benitez o Oriali, o viene allontanato o trattato come un appestato? E poi sarebbe il Milan il club dittatoriale? Silenziare, è la parola d’ordine su Oriali. E ci riescono. Non come su Ibra. Checchè se ne dica, su Ibra vanno giù duri tutti, vanno dentro tutti e non da oggi. A Ottobre 2010 dicevano che aveva la pubalgia e non era vero, ad Aprile 2011 dicevano che veniva espulso a Firenze perché voleva andare al Real Madrid e non era vero, a Ottobre 2011 dicevano che era depresso e non era vero, a Febbraio dicevano che le giornate di squalifica dovevano rimanere tre oltre all’espulsione sul campo e non era giusto. Adesso altre balle. Altroché di Ibra si parla solo qualche giorno e poi basta, è da due anni che si fa gioco al massacro, nonostante il Milan e Zlatan sappiano sguazzare in queste cose e uscirne più forti di prima. Il Milan non si nasconde dietro il dito di Zlatan. E’ qualcun altro che circonda di silenzio ostile le legittime analisi di Gabriele Oriali. Quando non si sanno gestire i problemi, non se ne parla per paura di rimanerne schiacciati. Anche nel regno della libertà, della tolleranza e della democrazia.
Più gli anni passano e più la gloria diventa mito. E il mito è sempre più forte della realtà di tutti i giorni. Ma come Maradona è stato più forte di Pelè, nello stesso modo Messi è più forte di Maradona. Quello che il grande Diego faceva ogni due-tre gare, la Pulce lo fa nel primo e nel secondo tempo di ogni partita. Messi è un fuoriclasse compatibile e possibile, declinabile nel tempo, di grande dirittura morale, un fuoriclasse di lunga durata. Maradona era molto più estemporaneo e irregolare. A parità di colpi e di giocate, Messi ha una testa inarrivabile che lo porterà, a fine carriera, ad essere di gran lunga meglio.
15 Maggio 2010: il Milan, nell’ultima giornata di quel Campionato, batteva 3-0 la Juventus nell’ultima giornata del torneo, sanciva il terzo posto e dava l’addio ad alcuni giocatori e all’allenatore. San Siro, pur nella contestazione al presidente Berlusconi per il mercato, era felice e sorrideva, così come Antonini e Ronaldinho per i loro gol. Il giorno dopo, il presidente Moratti felice per l’Inter prima in classifica, finalista di Champions League e vincitrice della Coppa Italia, chiosava: “Ma come esultano tanto, cosa dovremmo fare allora noi per le cose che stiamo facendo?”. Come cambiano i tempi. Nessuno però dal Milan Campione d’Italia in carica e primo in classifica, vincitore della Supercoppa, nei Quarti di Champions e in Semifinale di Coppa Italia, ha commentato con le stesse parole l’esultanza, tenera, dei nerazzurri per la rimonta, udite udite, da 0-2 a 2-2 contro il Catania di Gomez e Izco.
Fonte: TMW
La Redazione
A.S.
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