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Maurizio de Giovanni: “La festa delle emozioni”

Maurizio de Giovanni per “Il Mattino”

“Più che Sabato Santo sembrava Carnevale, ieri sera: quando ogni scherzo vale, e tutto è rivolto a guardare la faccia di chi subisce la burla. Il malcapitato, ma alla fine felice, è proprio il tifoso azzurro. Il quale, appeso al segnale precario distribuito da parabole ondeggianti al vento di burrasca di questa incerta primavera, ha conosciuto una notte di sofferenza alla quale era decisamente impreparato.
Dopo un triste pomeriggio, in cui la speranza di rivedere il Chievo che aveva battuto gli azzurri si era ben presto dissolta e l’inseguitore rossonero si era provvisoriamente collocato davanti, uno era il desiderio espresso in riva al golfo: vi preghiamo, nun ce ‘ntussecate ‘a pastiera. Ma il karma della stagione è che mai, mai si giunge alla fine di un incontro senza sofferenza. Non ci siamo fatti mancare niente: dal rigore sbagliato a quello subito, il primo in stagione; dal Matador panchinaro all’Insigne centravanti; dal portiere balbettante al Matador pallavolista nella propria area. Niente, nessuna vertigine, nessuna discesa a picco o risalita mozzafiato, venghino signori sulle montagne russe, scenderete mezzi morti e non vi reggerete in piedi. Perché in questo carnevale mascherato da vigilia di Pasqua, in questo primo d’aprile anticipato di un paio di giorni nulla vi verrà risparmiato. Tuttavia, nel variegato paesaggio di un evento che non sarà facile dimenticare, due sono i personaggi che emergono come eroi di una tragedia greca: Dzemaili, lo svizzero di scorta, quello meno amato dai tifosi; e Britos, il pescatore uruguagio, l’amico fragile che tanto ha fatto scrivere per le sue assenze e tanto ha fatto piangere per alcune sue presenze. Il primo ha sfoderato una prestazione che, crediamo, gli scalderà le serate invernali quando sarà così vecchio da cibarsi di ricordi. Il suo piede destro tutt’altro che fatato, che così spesso gli è costato inguardabili stop e avventurosi controlli, gli ha procurato tre botte indimenticabili che hanno fatto impazzire una città a settecento chilometri di distanza. Un cecchino mostruoso capace di spegnere tre sorrisi granata e di tenere gli azzurri a galla fino al Matador, che ha chiuso la storia. È sua la faccia della partita, la cicatrice impressa sulla memoria dei tifosi, il ricordo che rimarrà.
Specularmente, si è consumato il dramma di Britos. Lento, impacciato, ha regalato due gol su tre a un Torino francamente molto al di sotto dei valori azzurri; la gran parte della responsabilità che a dieci minuti dalla fine il Napoli fosse addirittura in svantaggio è sua. Britos e Dzemaili, due acquisti che tante polemiche avevano suscitato per l’entità delle somme sborsate, che ieri hanno salomonicamente distribuito la ragione e il torto tra sostenitori e detrattori. E che hanno fatto in modo che il tifoso, a tarda notte, fosse ancora stremato sul divano, con un sorriso ebete sulla faccia e un gran bruciore di stomaco.
L’importante è che qualche giorno in più senza le maledette nazionali consentirà, si spera, il recupero di un De Sanctis splendidamente rivalutato da Rosati e del serissimo e partente Campagnaro, che allo stato non ha sostituti in rosa; che i rossoneri, se noi vinciamo, non ci possono comunque raggiungere; che un campionato così non lascia il tempo di filosofeggiare su conferme e prolungamenti contrattuali.
E che nessuno ci ha intossicato la pastiera. 

La Redazione

P.S.

 

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