Maurizio De Giovanni per “Il Mattino”:
“Da ieri abbiamo un altro ottimo motivo per ringraziare l’imbecille che ha tirato un sasso contro l’autobus della Juventus, lo scorso primo marzo, infrangendone un finestrino; come se non bastassero i quotidiani elementi negativi di giudizio che questa povera città propone al resto del Paese, crolli a Chiaia e roghi di Bagnoli inclusi. Quel gesto idiota ha consentito infatti a qualcuno l’occasione di chiamarci incivili anche fuori contesto, a quindici giorni di distanza. Il fatto è questo: domenica la Rai ha fatto da megafono allo sfogo di Conte, allenatore dei bianconeri, che si è rammaricato di aver avuto una cattiva accoglienza nella «non civile, ma civilissima Bologna»; e di essere negativamente sorpreso da ciò, perché se c’era da aspettarselo a Napoli dove «è successo quello che è successo», nella città felsinea non è ammissibile, e «viene voglia di andarsene all’estero, dove si sta più sereni».
Il signor Conte (non in senso nobiliare, beninteso) si è pertanto sentito in diritto di operare una scalettatura tra le città italiane, in termini di civiltà. Siamo lieti che sia in possesso di un parametro così preciso e sociologicamente incontrovertibile, che mancava nel panorama pur ampio dell’attività dei tanti censori che infestano televisioni e giornali. A Napoli, dice Conte, c’è da aspettarsi una guerriglia urbana e l’esercizio consuetudinario della violenza; a Bologna no.
Ora, ferma restando la condanna, decisa e senza attenuanti, dell’orribile gesto vandalico, condanna che peraltro esprimemmo immediatamente dalle colonne di questo giornale, riteniamo giusto fare qualche nuova considerazione a fronte della dichiarazione del noto sociologo leccese (Conte, appunto). Non vogliamo entrare nel merito dei 51 provvedimenti restrittivi che la magistratura ha emesso a carico di tifosi juventini, resisi responsabili di gravissimi atti vandalici proprio nell’occasione della partita del vetro infranto: pensiamo che un imbecille sia solo un imbecille, qualsiasi sia il colore della sciarpa che ha al collo; e nemmeno ci infiliamo nel labirinto del comportamento delle tifoserie, ricordando i cori beceri che invocano un’eruzione esiziale del Vesuvio e a fronte la splendida scenografia della curva B che evoca l’appartenenza a una terra che si ama senza riserve, senza insultare o sperare in disgrazie altrui. Quello che vorremmo dire al signor Conte, che meglio farebbe a occuparsi di quello che meglio sa e che a quanto pare gli riesce ottimamente, è che non è certo da un piccolo gruppo di scalmanati che si misura la civiltà di un popolo. Che la civiltà è un concetto ampio e profondo, che investe campi come storia, cultura, produzione artistica nei quali, signor Conte, questa città non è seconda a nessuna nel mondo, non solo in Italia. Che purtroppo, e sottolineiamo purtroppo, uno sport che movimenta tante e tali moltitudini (per la qual cosa reca tanti e tali ricavi tra cui il suo rilevante stipendio, signor Conte) fatalmente attrae anche gruppi di imbecilli. Che questi imbecilli hanno residenza ovunque, nella disastrata Napoli come nella civilissima Bologna e anche a Torino, dove non ci risulta che il pullman del Napoli sia accolto con petali di fiori e canti di giubilo. Che in occasione di Juventus Napoli della scorsa stagione fu aggredito da alcuni imbecilli, senza «nazionalità sportiva», un tifoso azzurro disabile che sporse regolare denuncia nell’occasione. Che infine chi riveste un ruolo mediaticamente così rilevante, meglio farebbe a contare fino a centomila prima di darsi all’analisi socio-culturale; soprattutto se quest’analisi, rilanciata da tutti i giornali, può fomentare l’odio e la discriminazione territoriale. Dei quali, caro signor Conte, noi non sentiamo assolutamente il bisogno”.
La Redazione
P.S.
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