Il capitano (arrivato a 111 gol, a -4 da Maradona) che svaniva dietro la stella del momento, rimanendo sempre lo stesso, il calciatore morbido, quello che sopporta tutto piegandosi e aspettando i suoi momenti: tantissimi. Fino a bordeggiare l’insostituibilità, con l’inconveniente di lasciar misurare il vuoto alla squadra quando esce, o quando non gioca. Ora che assapora l’ovazione, uscendo dal San Paolo, sorride, ma non gli sono mancati i giorni tristi, le incomprensioni, e la pedagogia di stravaganti commentatori delle sue prestazioni. Hamsik è intelligente, nelle sue giocate si intuisce la rapidità di pensiero e la predisposizione ad andare oltre l’ordinario. Elegante e preciso, con le idee giuste e con dalla sua una velocità di traslazione che sta nel selezionare le scelte, le aperture, e nel vedere i varchi come quello che lo porta a trovarsi da solo davanti al portiere della Juventus, e senza timore a mettergli il pallone alle spalle. Hamsik appartiene a quei calciatori che quando dribblano l’avversario o segnano lasciano qualcosa di buono agli sconfitti, quello che si chiama stile.
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